Tuesday, April 16, 2024

CRESCENZO SCOTTI: VOGLIO DI PIU’!

“LA MIA NUOVA SFIDA

E’ IL RISTORANTE STELLATO DI VILLA CIMBRONE,

ESCLUSIVO RESORT DI RAVELLO”.

Il lavoro è il suo credo: a Crescenzo Scotti piace dire con chiarezza che è molto ambizioso, e al tempo stesso vive l’azienda che ha scelto in ogni aspetto, anche quelli più nascosti, che non ti aspetteresti possano interessare uno chef stellato. Per esempio la qualità di ciò che mangia il personale o come è alloggiato. “Quando trascorri tante, ma davvero tante ore, ogni giorno, fianco a fianco con delle persone (sicuramente più con loro che con la mia famiglia) si diventa una comunità”. E’ entrato nel mondo dei cuochi che contano conquistando la stella Michelin al ristorante gourmet Il Cappero, all’interno del resort Therasia all’isola di Vulcano, nelle Eolie, dopo una gavetta di cui va orgoglioso: “ho fatto stage a mie spese presso i ristoranti stellati (ricordo con particolare affetto quello da Massimiliano Alajmo), viaggi in treno di notte per risparmiare avendo anche una famiglia, ma avevo capito lavorando con lo chef prodigio Nino Di Costanzo che questa era la mia vita”. Oggi a 39 anni, il cuoco ischitano ha scelto di lasciare il ristorante che molto gli ha dato e a cui ha sicuramente dato molto, per sfidare ancora se stesso, tornando in Campania. E’, infatti, il nuovo executive chef del Flauto di Pan, il ristorante stellato di Villa Cimbrone, prestigioso cinque stelle della Costiera che fa parte della storia illustre dell’ospitalità a Ravello. Si tratta, infatti, di un antichissimo palazzo aristocratico con un magnifico parco, trasformato in un lussuoso hotel de charme curato in ogni dettaglio che l’attuale proprietà, la famiglia Vuilleumier, gestisce in prima persona. Un ambiente esclusivo, un pubblico soprattutto di stranieri (americani in particolare), il progetto di far crescere il settore degli eventi. Questa la realtà in cui lo chef ischitano entra: ci racconta i suoi progetti e la missione che si è dato.

Perché hai deciso di lasciare il Cappero, il ristorante gourmet di proprietà della famiglia Polito, a Vulcano in Sicilia, che hai portato a prendere una stella Michelin?

E’ stata una mia scelta, non avevo più stimoli e sentivo di dover andar via. I rapporti con la proprietà del Therasia sono tuttora ottimi, ma il contesto era un po’ fermo e ho sentito di dover cambiare. Sono una persona molto ambiziosa, ho amato molto la Sicilia molto e credo di aver fatto il meglio nella situazione in cui mi trovavo a operare, ma ambivo a rimettermi in gioco e volevo una struttura che potesse darmi di più.

Come mai la scelta è caduta su Villa Cimbrone?

Ho avuto contatti con tante realtà (in Toscana per esempio), ma volevo tornare nella mia regione e mi sono proposto ad una struttura che è già nell’olimpo dell’eccellenza, ma alla quale vorrei aggiungere un tocco in più.

Quali sono le differenze maggiori fra le due strutture?

Questo sarà un lavoro molto diverso da quello degli ultimi 4 anni al Therasia, dove gestivo 3 ristoranti con apertura in contemporanea la sera: in una stagione facevamo 20mila presenze in hotel e 28mila pasti al ristorante e lo stellato Il Cappero ha chiuso in attivo. A Villa Cimbrone, invece, l’hotel ha solo 19 camere, davvero esclusive negli arredi e nell’atmosfera che vi si respira, mentre il ristorante lo scorso anno ha servito 11mila pasti. La politica della proprietà è fare ricarichi corretti: i due menù degustazione del Flauto di Pan, che ha 30 coperti e apre solo a cena, oscillano fra i 95 e i 115 euro circa, una cena alla carta va da 80 a 110 euro (vini esclusi, naturalmente). Qui avrò, in proporzione al Cappero, più personale, perché l’obiettivo è più ambizioso: Ravello ha un target di clientela molto alto (mentre a Vulcano, almeno in certi periodi dell’anno, non si può pretendere di vendere le camere oltre un certo prezzo), e avendo poche camere automaticamente Villa Cimbrone si rivolge a una clientela esclusiva.

Quali scelte hai fatto finora?

Ho riorganizzato completamente la brigata, portando quattro persone dal Therasia che sentivo particolarmente vicine, e poi ho ripreso tre collaboratori che erano già da qualche anno all’interno di Villa Cimbrone e che la conoscono bene. Se sono professionisti validi, perché non riconfermarli? E conto anche su di loro per vivere al meglio questo anno di transizione. Ho pure 4 stagisti: lavoro molto con i giovani, lo considero un investimento essenziale, soprattutto se hanno studiato in scuole prestigiose come l’Alma e Chef Academy. Ma anche dalla scuola alberghiera pubblica Carlo Porta di Milano ogni anno mi arrivano 3-4 studenti molto bravi.

Altri cambiamenti già introdotti?

Ho organizzato la cucina secondo le mie convinzioni: per esempio, primi e secondi caldi anche per chi sceglie il room service e voglio impostare la banchettistica, che è un settore strategico per Villa Cimbrone, guardando molto alla ristorazione gourmet. Ho portato anche sapori siciliani, dal timbro più deciso rispetto ai nostri: ho introdotto la pasta alla Norma, i cannoli a colazione, gli involtini (di spada o di vitello)…

E al Flauto di Pan, il ristorante stellato?

La cucina del ristorante stellato voglio impostarla restando legato al territorio ma adoperando tecniche moderne e facendo accostamenti con prodotti della cucina internazionale, quindi, per fare un esempio, non proporrò il sushi a Ravello, ma posso adoperare la salsa di soia, le alghe o il wasabi insieme a prodotti nostrani per esaltarli, restando sempre convinto che ogni piatto deve avere una struttura che è fatta di freschezza, acidità, croccantezza, masticabilità. Per me un piatto riuscito deve dare l’idea del respiro, di essere vivo.

Quali obiettivi ti sei prefisso?

Quest’anno confermare l’alta qualità del ristorante ma, in prospettiva, voglio eclissare chi c’è stato prima di me, perché è giusto che sia così. E’ esattamente questo il motivo per cui ho scelto di cambiare, voglio di più, voglio potermela giocare nel tempo.

Text_ Cecilia D’Ambrosio Photo_ Roberto Vuilleumier