Friday, April 19, 2024

Text_ Emma Santo

LA CUCINA DELLO CHEF DEL MEZZATORRE È IL RACCONTO DI UNA RICERCA INTERIORE COSTANTE, L’ESPRESSIONE DI UN VISSUTO LEGATO AI SAPORI GENUINI ESPLORATI E RIVISITATI IN UN’OTTICA LUNGIMIRANTE E AUDACE, SENZA MAI TRADIRE LA MATERIA PRIMA.

Eleganza, equilibrio, essenzialità e semplicità. Ogni piatto dello chef Giuseppe D’Abundo è un piccolo capolavoro che rallegra occhi e palato, un mosaico perfetto di sapori e colori. Dietro c’è una passione esplosa proprio nella cucina del cinque stelle Mezzatorre Resort & Spa, di cui è al timone da ben dieci anni. Un percorso professionale singolare, se si pensa che si è svolto quasi esclusivamente nell’atmosfera onirica dell’antica torre di avvistamento che ospita il rifugio di charme, abbarbicato su un piccolo promontorio tra Forio e Lacco Ameno, con una posizione privilegiata tra cielo e mare, e natura tutt’intorno. Suggestioni che lo chef executive dei due ristoranti del resort – l’elegante Chandelier aperto solo di sera (anche al pubblico esterno), dedicato ai buongustai più esigenti e raffinati, e lo Sciuè Sciuè che serve a bordo piscina le specialità della tradizione gastronomica partenopea – condensa nel suo menù, dove il Mediterraneo è il fil rouge di ogni creazione, concepita come un’opera d’arte e studiata nei minimi dettagli. Le basi sono quelle della cucina classica, rilette in chiave moderna e a tratti visionaria, senza mai strafare, valorizzando sempre la materia prima. Chi affonda i sensi nelle specialità di Giuseppe D’Abundo, riconosce distintamente i profumi e i sapori che convivono nell’armonia policromatica della composizione che ha davanti, ma soprattutto l’identità forte espressa in ogni accostamento, unico nel suo genere, che appaga anche la vista. Quarant’anni e un sorriso che schiude ricordi, emozioni ed esperienze tradotti in ricette esclusive, Giuseppe ha mosso i primi passi nel mondo della ristorazione a poco più di vent’anni, dopo aver cominciato come commis di sala nei mesi estivi, quando era ancora uno studente dell’alberghiero. A fargli comprendere quale fosse il suo posto nel mondo è stato l’incontro con lo chef del Mezzatorre che lo ha preceduto al comando della brigata di cucina, Alfonso Mingione, “l’ultimo dei monzù”, spiega D’Abundo (un titolo di cui si fregiavano i capocuochi delle case patrizie napoletane), un vero e proprio maestro di vita che gli ha trasmesso la passione per i sapori di una volta, da esplorare, reinterpretare e fare suoi. E nel frattempo montava inarrestabile la voglia di crescere e di apprendere quanto più possibile, di migliorare piatto dopo piatto, di lasciare la propria impronta in ogni portata. Ben presto, l’impegno e il talento di quel giovane aspirante chef sono stati premiati dalla proprietaria del resort, Alessandra De Lorenzo, e dal direttore Giovanni Sirabella, che ne hanno intuito le potenzialità, offrendogli la possibilità di seguire stage formativi per fare propri quegli strumenti indispensabili ad eccellere nel panorama culinario locale. L’ispirazione di manicaretti che puntano ad essere impeccabili sotto ogni aspetto, però, arriva soprattutto dagli ospiti che siedono ai tavoli dei ristoranti di cui Giuseppe D’Abundo è oggi alla guida. “Sono i clienti i primi maestri, perché ti spingono a lavorare sempre meglio per andare incontro al loro gusto”, spiega. L’ingrediente principe della sua cucina è il pomodoro, in tutte le varietà, e il motivo arriva da ricordi lontani nel tempo, ma sempre vivi e palpabili, di quando il padre Ciro, nel suo giorno di festa, cucinava per tutta la famiglia, schiacciando uno ad uno con il cucchiaio di legno i pomodori appena colti dal loro orticello, “così il sugo veniva più cremoso”, racconta Giuseppe. Il profumo di quelle giornate d’infanzia è diventato il leitmotiv di ogni piatto, ma sul podio ci sono anche il pescato locale e le verdure; e poi i limoni, le arance e le erbe generosamente offerte dalla baia privata dell’albergo, come il mirto marino, l’alloro, l’erba cipollina, la rucola selvatica, il timo, la maggiorana. L’estro innato di D’Abundo si serve di tecniche e metodi di cottura innovativi che ritroviamo in ogni assaggio, dal semplice scialatiello ai quattro pomodori con burrata alle tagliatelle all’uovo affumicate, fatte a mano dallo chef e dalla sua fidata brigata, con tartufi di mare e polpa di ricci a crudo su un guazzetto di pomodorini gialli, con una spolverata di limone grattugiato e tarallo sbriciolato. Gli amanti dei sapori del mare hanno l’imbarazzo della scelta, tra la sofisticata tartare di pezzogna all’acqua pazza fredda, affumicata al momento, con zenzero, lime ed erbette, servita in una cloche per racchiuderne fumi, profumi e aromi e la variazione di pesce azzurro, cotto con tecniche diverse – affumicatura, tempura, bassa temperatura – servita su cotto e crudo di verdure, sempre nel rispetto della stagionalità; e ancora il piatto dedicato agli agrumi dell’isola, che accompagnano in diverse forme il pesce lavorato con cotture differenti o crudo – vellutata con riduzione di arancia e spruzzatina di limone, arance pelate a vivo, zeste candite, chips, marmellate o polvere di mandarino. Il menù ricercato ed eclettico dello chef del Mezzatorre non lascia scontenti nemmeno gli amanti della carne e dei dolci della tradizione napoletana, riletti sempre con gusto, meticolosità e tocco d’artista. “Chi viene ad assaggiare i miei piatti vuole riscoprire i sapori dell’isola e sentirsi a casa”, sottolinea D’Abundo. La cucina diventa una ricerca interiore costante, uno sprone a dare il massimo in ogni occasione, a stare sempre un passo avanti. Nel bagaglio che lo chef del Mezzatorre si porta dietro c’è lo scenario incantevole che fa da sfondo ad ogni giornata lavorativa – un paradiso in terra generoso di spunti creativi, e il plauso di una clientela internazionale e locale che apprezza sempre di più la dedizione e la cura riversate in ogni portata; ma c’è anche un inverno dedicato alla famiglia – “mia moglie Daniela e mia figlia Sara sono la mia forza”, confessa – ai corsi di aggiornamento, speso a prendere appunti per migliorare i piatti già presenti in menù o per crearne di nuovi, come il pomodoro con un cuore di spaghetti al pomodoro, uno scoop che Giuseppe D’Abundo ci regala in anteprima e che potrebbe essere la squisita new-entry del 2018.