Thursday, April 18, 2024

LE CANTINE DI CRATECA: VINI DI ALTA TIPICITA’ PER UNA DELLE REALTA’ ENOLOGICHE PIU’ DINAMICHE DELL’ISOLA D’ISCHIA

LE CANTINE DI CRATECA: VINI DI ALTA TIPICITA’ PER UNA DELLE REALTA’ ENOLOGICHE PIU’ DINAMICHE DELL’ISOLA D’ISCHIA

Text: Silvia Buchner

Photo: Dayana Chiocca e archivio Ischiacity

Bilancio più che positivo per la vendemmia 2016 alle Cantine di Crateca, spettacolare vigneto in località Fango, a Lacco Ameno, sulle prime propaggini del monte Epomeo, affidato dal 2015 alla guida dell’enologo Marco Esti, docente di enologia all’Università della Tuscia. Il professor Esti sta lavorando – insieme ai proprietari, i fratelli Arnaldo, Giampaolo e Piergiovanni Castagna che con la madre Concetta hanno investito moltissimo nel progetto – per far sì che tutto il potenziale di questa zona contraddistinta da una storica vocazione alla viticoltura possa esprimersi compiutamente nelle etichette prodotte. La vigna si estende su tre chilometri di terrazze, fra 250 e 450 mt sul livello del mare, con esposizione fra Nord-Ovest e Ovest per cui riceve una lunghissima illuminazione durante la stagione estiva mentre i venti provenienti dal mare mitigano il caldo; il terreno è sciolto, ricco di minerali. Si punta a ottenere vini di alta tipicità, che esprimano le peculiarità del territorio isolano (che scaturiscono da una sintesi ottimale fra varietà, pratiche viticole e ambiente). Per il DOP biancolella al 100% è stato fatto un lavoro in vigna molto accurato selezionando le uve in funzione della maturità aromatica. Per il Crateca Rosso IGP si è riusciti a mantenere i grappoli sulla pianta fino a un ottimo livello di maturazione, non solo dal punto di vista della gradazione zuccherina, ma anche della maturità fenolica (cioè dei flavonoidi e polifenoli, i composti che conferiscono a questo tipo di vino le sue caratteristiche di colore e gustative).

Elemento di particolare innovatività dell’impianto realizzato a Crateca è l’uso del freddo sia in vinificazione che in previnificazione. Le uve, infatti, si lavorano a bassa temperatura ancor prima dell’inizio della fermentazione, prolungando il contatto a freddo fra bucce e mosto cosa che, soprattutto nei bianchi, consente di estrarre in maniera selettiva, accurata e soffice, la componente aromatica delle uve (che altrimenti andrebbe persa) e di farla passare nel mosto, regalando così al prodotto finale i profumi fantastici che lo caratterizzano. Questa parte aromatica viene poi elaborata dai lieviti, che sono determinanti fin da questa fase (non solo successivamente, quando sono responsabili degli aromi secondari, quelli che si generano durante di fermentazione). I lieviti, infatti, hanno un ruolo importantissimo nello sviluppo della componente varietale degli aromi, che è quella che definisce la specificità di un vino rispetto ad un altro, esaltando il vitigno ed il terroir. La lavorazione a bassa temperatura consente di arricchire il mosto di questi precursori d’aroma e poi i lieviti fanno la loro parte trasformandoli in molecole odorose varietali. Altro fattore di rilievo, proprio la selezione dei lieviti, che viene fatta in base alla capacità che hanno di esaltare al meglio i precursori d’aroma di ciascuna varietà. “E si tratta di un passaggio fondamentale perché – sottolinea il professor Esti – considero cruciale la fase della vinificazione, e quindi le prime tappe del processo. L’affinamento serve solo a migliorare il vino, ma i pilastri si consolidano in vigna, nella scelta del momento migliore per la raccolta, e poi in cantina”. Molta attenzione viene posta anche al controllo delle temperature in fermentazione: si eseguono tutte fermentazioni a bassa temperatura e i lieviti vengono messi in condizione di agire molto lentamente e molto a lungo, in modo da elaborare anche gli aromi secondari.

Per il rosso si fa un utilizzo accurato dell’ossigeno. Si effettua una macro e micro ossigenazione (in diverse fasi), dosando l’ossigeno che si somministra al vino in maniera controllata, già a partire dalla fermentazione alcolica e dopo, durante la fase postfermentativa. Ciò consente di stabilizzare il colore ed esaltare la componente aromatica del rosso, sia pure lavorato solo in acciaio.

Attualmente, le Cantine di Crateca producono, dunque, un DOP biancolella, un rosato da aglianico al 100%, e due IGP, Crateca Bianco e Crateca Rosso. Il rosato, pur realizzato con un vitigno non ischitano, dimostra le peculiarità isolane, manifestando tratti particolari molto interessanti, grazie alla giusta lavorazione cui è sottoposto. Ha colorazione delicata, l’aspetto è cristallino e una buona complessità aromatica, con note di rosa, piccoli frutti, melagrana e cedro. Come anche gli altri, esprime – pur se di fondo dato che si tratta di vini giovani – una nota minerale che si integra perfettamente con questa gamma olfattiva. L’Ischia DOP biancolella ha colore paglierino, aromi di fiori, acacia e agrumi, frutti bianchi, pompelmo e pera, che gli conferiscono eleganza ed equilibrio; in bocca è fresco, armonico, sapido e si accosta bene, come il rosato, a carni bianche – anche il coniglio – pesce, crostacei, tipici della cucina locale. Il Crateca Bianco (biancolella, forastera, greco e fiano, vinificati separatamente e poi assemblati secondo precise proporzioni), ha un’espressione più complessa dal punto di vista aromatico comprendente note di fiori gialli, mimosa, ginestra, frutta sciroppata, è più strutturato, con colore più carico e gradazione alcolica più alta. Il Crateca Rosso (per ‘e palummo e aglianico), al momento è lavorato solo in acciaio. Ha colore rubino carico, riflessi violacei, è giovane quindi con una struttura morbida, tannica sottile, buona acidità e una freschezza che si vuole mantenere in tutti i vini Crateca: l’ideale è accostarlo a una cucina più ricca, fatta di carni alla brace, baccalà, formaggi, salumi stagionati.