Friday, April 19, 2024

n.05/2005

Photo: Riccardo Sepe Visconti
Text: Annamaria Rossi

 

Ritrovo Antonio Onorato dopo un paio d´anni ed è apparentemente sempre lo stesso. Jeans frusti, camicia etnica qualunque, gli stessi capelli lunghi e lo stesso meraviglioso sorriso che quando si rivela sembra una finestra che si apre sul suo cuore. Però, assistendo al suo concerto alla pineta Nenzi Bozzi percepisco qualcosa di diverso, ho davanti un artista più adulto, un uomo “cresciuto”. Ho letto delle sue esperienze in Africa, dei numerosi viaggi, il suo nome viene ora spesso associato a quello di importanti artisti internazionali, perciò in questo lasso di tempo deve essere successo qualcosa. Il suo modo di suonare è sempre godibilissimo, emozionante e anche divertente, quelle lunghe dita che percorrono la chitarra sono sempre simili ad un velocissimo ragno che corre con una leggerezza straordinaria aggredendo solo quanto basta, ma ora, sono sicura, c´è una buona dose di passione in più. La conferma arriva quando a metà esibizione Antonio presenta un pezzo scritto al ritorno da un suo viaggio a Baghdad, ricordando a tutti noi presenti la condizione di quel Paese martoriato dalla guerra. Quando attacca a suonare con il sintetizzatore a fiato, il pubblico ammutolisce e le note, simili a grida di dolore o meglio ad un vento che trasporta sofferenza, si spargono addosso a noi regalandoci un momento di emozione intensa. Scrosci di applausi, bella performance di Joe Amoruso che rivisita “Scalinatella” alle tastiere. Poi sale sul palco l´ospite Pietro Condorelli ed è una succosissima prova d´artista da parte di entrambi, maestria e divertimento, tanto per loro due quanto per noi che li ascoltiamo, un continuo passarsi la palla, anzi, gli accordi, tra la perfezione tecnica dell´uno e la grande passionalità dell´altro, un confronto tra due stili e percorsi diversi che raggiungono un trait d´union di grande intensità. La mattina successiva incontro Antonio Onorato al “Regina Isabella” e finalmente possiamo fare due chiacchiere in santa pace, o quasi. Parliamo poco di musica in sé, a parte qualche commento sulla serata precedente. Antonio mi racconta dei viaggi, soprattutto in Africa, di come lo abbiano cambiato. Anche se nella vita ha sempre avuto un particolare interesse per il sociale e per i suoi percorsi difficili, vivere nei villaggi di questo continente così sfruttato, conoscere persone che trascorrono l´esistenza tra mille difficoltà quotidiane, anche le più elementari, e soprattutto conoscere il Medio Oriente e in particolare Baghdad ed il martirio della sua gente e dei suoi quartieri, hanno segnato profondamente il suo animo ed anche la sua sensibilità artistica. – Pensare a uomini e bambini che ho conosciuto bene e che ora sono morti sotto le bombe oppure ricordare un luogo particolare dove ho acquistato un oggetto, e vedere poi la devastazione dello stesso luogo da parte di questa assurda guerra, mi fa vivere la vita da un altro punto di vista. Per questo, nei miei concerti, che sono sempre un momento di aggregazione, io che mi occupo di musica cerco con la musica di ricordare a chi mi ascolta che nel mondo molti vivono situazioni assurde, su cui dobbiamo riflettere, a cui dobbiamo fare riferimento nei nostri momenti importanti. Il mio impegno ora è anche ricordare queste realtà e provare a sensibilizzare maggiormente le persone rispetto a questi temi che è fondamentale affrontare –. E prosegue: – Un musicista non può essere sensibile se non è un uomo sensibile, interpretare brani in modo meccanico e tecnicamente perfetto e discuterne l´indomani è troppo diviene fine a se stesso, io vorrei trasmettere attraverso la mia musica anche un segnale di pace e tolleranza – . I racconti continuano ancora per un poco, mentre si aspettano gli altri per ritornare a Napoli: quanto sia stata importante l´esperienza dei viaggi in Africa anche relativamente al percorso musicale di Antonio Onorato, quanto le sonorità di questa terra possano contribuire all´acquisizione di nuovi spunti per la composizione e per l´arricchimento delle esecuzioni, quanto sia stata positiva la partecipazione ad un festival internazionale in Marocco e quanto sarà altrettanto costruttivo il ritorno al continente nero, precisamente in Angola, a fine ottobre. Poi un impegno quasi mondano, a New York il 5 dicembre prossimo, per un concerto di “Jazz Napoletano” cui parteciperà anche il gruppo di Marco Zurzolo. Mentre parliamo arriva, strumento a tracolla pronto alla partenza, Pietro Condorelli che rivedo con piacere dopo qualche anno. Musicista di grande levatura e anche di grande fama ormai, persona molto riservata, quasi timida, che, dopo i miei dovuti e meritatissimi complimenti per la performance della serata precedente, mi sussurra – Peccato che si abbia avuto poco tempo, avrei voluto suonare di più con Antonio ieri sera, avevamo trovato l´intesa perfetta –. Me ne ero accorta, accidenti, penso. Si uniscono a noi Diego Imparato, giovanissimo e già navigato bassista del gruppo, ed il mitico Joe Amoruso, simpatico ed espansivo, valente tastierista, negli anni passati in gruppo con i principali artisti napoletani, compreso Pino Daniele agli albori quando il “gruppone” comprendeva i vari Senese, De Piscopo, Esposito e via dicendo. Così tra un supplemento di commenti e considerazioni, le custodie consumate degli strumenti ritornano sulle spalle. Resta la promessa di ritrovarci al prossimo concerto, gli auguri per i prossimi impegni, un abbraccio, due battute sciocche e il sorriso-milleluci di Antonio Onorato ormai artista maturo pronto a nuovi grandi traguardi, con la sua passione e la sua musica “rotonda”.