Wednesday, April 24, 2024

n. 01/2005

Photo: Mariacristina Gambi
Text: Mariacristina Gambi

 

Facendo seguito al tema relativo alla biodiversità marina, introdotto nell´articolo precedente di questa rubrica, avrei voluto continuare ad approfondire l´argomento della diversità biologica nel nostro territorio. Tuttavia, è il caso per questa volta di considerare l´argomento nell´ambito dei drammatici recenti sconvolgimenti ambientali ed umani che hanno colpito il Sud-Est asiatico. Davanti a fenomeni che lasciano tutti sgomenti per la forza dirompente e inimmaginabile della natura, mi è sembrato importante e non eludibile, superato lo shock dell´emergenza umanitaria, cominciare a riflettere anche sulle conseguenze ambientali di questo evento. Lo tsunami si è abbattuto con la sua potenza di distruzione, probabilmente in maniera altrettanto devastante, anche su alcuni dei sistemi corallini (barriere ed atolli di corallo, indicati come “coral reefs”) presenti in quelle aree e tra i più estesi, conosciuti e a più elevata biodiversità del nostro Pianeta. Molti sono probabilmente i lettori, appassionati del mare, che hanno visitato e fatto immersioni o anche solo un tuffo in apnea in questi ambienti, e magari anche in quelle aree, e ben ne conoscono il fascino e la fantasmagorica ricchezza di vita e di colori. Ci si è resi conto che il “danno economico” provocato dalla distruzione quei sistemi, in termini di indotto dovuto al turismo (subacqueo e non) ed alla pesca che consegue dal loro sviluppo e buono stato, è elevatissimo ma difficilmente quantificabile. Anche se potessimo quantificarlo va sottolineato, tuttavia, che “costo” e “valore” nel caso degli “oggetti naturali” non hanno lo stesso significato, e che la natura non si ripristina con le ruspe, o la sola buona volontà, solidarietà e aiuto finanziario umani. Come spesso accade occorre un evento eccezionale e catastrofico per far riflettere sull´importanza degli ecosistemi, e della loro biodiversità ed integrità naturale (vedi il caso della prateria di Posidonia dei Maronti, nel nostro piccolo). Ma quale è il significato e soprattutto la funzione della biodiversità e della complessità per i sistemi ecologici? Ecco un argomento sul quale si scervellano, discutono e lavorano migliaia di ecologi marini in tutto il mondo, si propongono e si svolgono programmi internazionali, e si organizzano convegni e workshops. Alcuni “trend” generali sono stati individuati e sulla loro base sono stati proposti modelli e fatte alcune previsioni, ma si è ancora lontani dalla comprensione dei “dettagli” che sono invece alla base della variabilità notevole che si osserva nei diversi sistemi e nelle loro diverse risposte alle perturbazioni ambientali naturali o meno. Gli ecosistemi corallini tropicali, in particolare, sono la quintessenza della diversità marina, e sono considerati a mare un pò come l´equivalente delle foreste tropicali a terra, ambienti ad elevata diversità biologica, ridondanti (con molte specie cioè che svolgono le stesse funzioni ecologiche), con un numero incalcolabile di interazioni biologiche ed una complessa rete trofica, ed in larga misura chiusi (quasi tutto quello che viene prodotto viene consumato e riciclato all´interno del sistema con export molto modesti). Mi piace ricordare, per inciso, che la prima descrizione e trattazione scientifica dei “coral reefs” si e deve proprio a Charles Darwin (lo scienziato la cui teoria dell´evoluzione rappresenta il filo conduttore di questa rubrica), che ne descrisse la struttura nella prima opera che il naturalista inglese pubblicò di ritorno dal suo mitico viaggio intorno al mondo con il brigantino “Beagle” (si veda il diario del viaggio in edizione Einaudi, mentre il lavoro sui sistemi corallini è disponibile solo in edizioni inglesi). Lungi dal poter elencare e trattare, nel limitato spazio di questa rubrica, le complesse caratteristiche dei sistemi corallini (ci sono numerosi testi specifici), ci limiteremo ad osservare che le barriere coralline sono tra i sistemi ecologici marini più antichi (i coralli attuali hanno tra 250 e 300 milioni di anni circa), e alcuni ecologi attribuiscono l´elevata diversità e complessità di questi sistemi appunto alla loro antica storia evolutiva. Complessità e diversità sembrano andare di pari passo con maggiore fragilità, più delicato equilibrio e maggiore difficoltà di un sistema a ripristinarsi a seguito di perturbazioni (capacità che viene definita in ecologia come “resilienza”), ma come dicevamo prima molto dipende da numerosi “dettagli” e dal tipo di disturbo. Diversi studi ecologici, alcuni dei quali effettuati anche nei coral reefs, hanno messo in evidenza che gli eventi di disturbo (naturali o meno), se di entità modesta (“in medias est virtus”), possono addirittura portare beneficio per gli ecosistemi, permettendo ad esempio ad alcune specie rare di poter conquistare spazi e risorse che l´evento di disturbo mette inopinatamente a disposizione (una teoria ecologica conosciuta come del “disturbo intermedio”). I coral reefs sono habitat caratteristici dei climi tropicali, e in qualche misura sono adattati a vivere zone in cui non sono rari cicloni ed uragani di varia entità. Il caso dello tsunami ha comunque le caratteristiche di un vero e proprio evento catastrofico che ha agito negativamente sui coral reefs non solo attraverso una distruzione meccanica di questi sitemi, ma cosa ben più grave, attraverso la sospensione, il trasporto e la deposizione di enormi quantità di sedimenti e detriti che probabilmente hanno sepolto e soffocato tutto. A questi eventi estremi questi ecosistemi possono ripristinarsi, sempre a condizione che le caratteristiche ecologiche ritornino simili a quelle precedenti alla “catastrofe”, e anche che da qualche sistema in aree limitrofe, rimasto intatto, arrivino i propagali, le larve o anche le forme adulte per ricolonizzare l´ambiente, ma questi processi richiedono tempi molto lunghi. In molti casi tuttavia, se il danno è veramente forte ed esteso, il sistema non si riforma e qualche altro habitat sostituisce il precedente. Le valutazioni ambientali che seguiranno l´emergenza umanitaria ancora in corso per quanto è successo nel Sud-Est asiatico spero che verranno effettuate quanto prima, ma fin d´ora il quadro non sembra molto ottimista, considerando che in alcune di queste aree i sistemi corallini erano già in larga misura sottoposti ad impatti di varia natura. Forse alcuni di questi reefs saranno persi per sempre! Come ha detto uno dei maggiori ecologi marini del mondo, il Prof. Ramon Margalef, a proposito delle foreste tropicali “una foresta può essere vecchia di milioni di anni, ed un impatto dell´uomo la può distruggere in un solo giorno!” Nel caso dello tsunami la distruzione è avvenuta da parte della natura e l´uomo ha solo potuto passivamente subirne, e probabilmente in parte anche amplificarne gli effetti. Tutto ciò però ci dovrebbe far riflettere a maggior ragione sul nostro ruolo sia nel monitoraggio di alcuni fenomeni, soprattutto se ci si trova in zone a rischio potenziale, sia più in generale nella conservazione e nella salvaguardia degli ecosistemi e del valore intrinseco e planetario (o come si usa dire oggi globalizzato) della loro integrità, al di là delle sole valutazioni economiche. Ritorneremo su questo tipo di problemi, illustrando alcuni esempi di eventi “catastrofici” avvenuti nel nostro territorio e comunque vicino a noi, sia naturali (la ahimè mitica mareggiata del Dicembre 1999, o lo tsunami in minitura avvenuto a Stromboli nel 2003), sia provocati dell´uomo (la distruzione della prateria di Posidonia oceanica dei Maronti a seguito dell´intervento di ripascimento), che nel nostro piccolo, ed a scala molto più ridotta, ben esemplificano tuttavia le problematiche ambientali sopra discusse e ci coinvolgono più direttamente.