Friday, March 29, 2024

Politics- GIUSEPPE DE MITA: COORDINIAMO…

33/2012

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GIUSEPPE DE MITA: COORDINIAMO ISCHIA ATTRAVERSO QUALITA’ E PROMOZIONE.

E’ necessario concepire il turismo come sistema economico-produttivo Vi ringrazio per l’invito e voglio dire subito che la circostanza semivacanziera non vorrei tradisse le attenzioni e le intenzioni nei confronti di questa realtà. Avendomi Riccardo Sepe Visconti preannunciato che c’era l’idea di organizzare questo incontro, sono andato a riprendere gli appunti che ho steso durante la riunione che avemmo il 27 febbraio qui a Ischia. Quella riunione si tenne con le pubbliche Amministrazioni, non perché si volesse escludere il privato, ma in quanto sembrava più naturale seguire quel tipo di approccio, avendolo fatto anche in altre realtà. Quindi, considero questa una prosecuzione di quell’iniziativa e non una circostanza episodica, è un modo per provare a riprendere un ragionamento. Allora, forse, pagammo lo scotto della prossimità delle elezioni Amministrative: in generale, partendo dal pubblico, si paga lo scotto di un approccio storico, sedimentato nel settore del turismo, che vuole che di questo ambito debbano occuparsi le istituzioni pubbliche, mentre il privato è sentito come una sorta di accidente, magari anche un problema, per cui se lo si tiene da parte è anche meglio. D’altra parte, la riunione di stasera può anche avere dei limiti, dei punti di censura, nel senso che ci si può chiedere: “Ma perché si parte da qui?”. Tuttavia, all’interno di una più generale confusione che c’è nel nostro Paese sotto il profilo delle rappresentanze, c’è in particolare un problema di soggettualità all’interno delle comunità nell’ambito del turismo, nel senso che è complesso capire chi siano i portatori di interessi vivi, reali. Secondo me, in questo quadro, la cosa più naturale è prendere atto di ciò che emerge e assecondarlo, per cui la scelta di riprendere la discussione questa sera con uno sbilanciamento in favore del mondo del privato, se da lontano può dare un’idea equivoca, in verità non è così. Sono convinto che in alcune realtà della Regione si debba provare a sperimentare una modalità di organizzazione di specifici ambiti territoriali a vocazione turistica, nei termini di “sistema economico-produttivo”. In Campania, in particolare nel Sud, ma in genere in Italia, il turismo finora non è stato concepito in termini di domanda/offerta, di rapporto fra investimento fatto e reddito ricavato, ma è stato sentito come “una grazia del Signore”. Storicamente, il turismo nasce in Campania e Svizzera, nel XVIII secolo, quando gli inglesi iniziarono a scegliere appunto le montagne svizzere in inverno, e la Campania per il turismo scientifico, facendo della nostra regione la meta privilegiata del Grand Tour. E il fatto che i turisti abbiano, fino a un certo punto, continuato a venire qui comunque, ha comportato che non nascesse l’esigenza di organizzare il turismo in termini di sistema. Da 10-15 anni a questa parte, però, la competizione con altre località, l’ingresso di un differenziale competitivo non secondario che è stato trascurato, cioè la qualità dei servizi; ci hanno messo in crisi. Inoltre, i fattori produttivi su cui abbiamo costruito le politiche di crescita nel ‘900 stanno venendo meno: mi riferisco alla fabbrica tradizionale, per esempio, per cui è necessario assegnare ad altri settori questo valore produttivo: la scommessa è provare ad organizzare l’ambito turistico in termini di sistema economico-produttivo, mettendo insieme pubblico e privato, a partire dagli elementi che ci offre la legislazione, benché siano molto equivoci dal punto di vista del risultato storico, mi riferisco ai cosiddetti Sistemi Turistici Locali (STL). Ma, tolta l’allocuzione, attribuendogli magari un nome diverso, resta l’idea di fondo su cui si basa il disegno di legge che probabilmente in settembre andrà in Consiglio Regionale: l’organizzazione della governance degli ambiti turistici è costruita sul rapporto pubblico-privato, affidando l’universo dei servizi dell’accoglienza a quest’ultimo (posto che campi, invece, come i trasporti e la sanità sono piuttosto di pertinenza pubblica) che non va visto come elemento demoniaco del sistema. Per una serie di ragioni, la gran parte delle risorse POR 2000-2006 è stata spesa in eventi ed in interventi di ristrutturazione di infrastrutture turistiche tutte pubbliche. L’ho visto in Irpinia, dove il dato è esponenziale, non avendo una realtà forte come quella di Ischia, e ci ritroviamo un patrimonio enorme di beni pubblici che però è stato ristrutturato senza guardare alla gestione e ai suoi costi: insomma, ci si è mossi come chi compra una macchina e non si preoccupa di sapere se il carburante necessario a farla camminare è reperibile nei dintorni. Infatti, se questi fattori divengono parte di un sistema e fanno scattare una scintilla, abbiamo grandissime potenzialità, altrimenti rischiamo di aver disperso una quantità di fondi pubblici impressionante, la cifra cui mi riferisco nello specifico, infatti, si approssima a quella spesa con la legge 219 per il post terremoto (Ndr. L’on. De Mita allude al terremoto che nel 1980 colpì in particolare l’Irpinia), ma quella ha determinato degli insediamenti umani e produttivi, ha consentito di vivere 30 anni. In questo quadro, la nostra idea è di andare nelle realtà più vibratili, che mostrano interesse: sta prendendo una certa armoniosità l’iniziativa che abbiamo organizzato nella costiera amalfitana, dove l’ambito pubblico è meno litigioso ( i 13 Sindaci hanno capito che la logica di aggregazione aiuta e si sono già riuniti in conferenza, scegliendo un presidente). Insieme a loro, abbiamo fatto una selezione degli interventi pubblici infrastrutturali considerati prioritari (in quel caso, le vie di accesso, da Positano e da Vietri). Fare una scelta fra gli interventi è indispensabile, per la scarsità di fondi disponibili e perché anche sulle risorse europee dove pure riprenderemo le spese, ci sono molti vincoli, quindi abbiamo stabilito di concentrarci su tre progetti, individuati come i più urgenti. Lo stesso sta avvenendo nel Cilento, dove si è scommesso molto sulla qualità ambientale, in Irpinia e nel Sannio. A Ischia siamo partiti fra dicembre e febbraio scorsi, poi ci siamo fermati con grandissimo rammarico: c’è sicuramente la disponibilità a riprendere da quel punto, ma partendo da un metodo di lavoro, che non sia il mero elenco degli interventi da finanziare da parte degli Enti pubblici. E’ propedeutico riuscire a darsi un obiettivo, e sono convinto che qui debba essere la qualità: promozione e qualità credo siano un traguardo serio. La vacanza che sto trascorrendo a Ischia mi ha consentito di verificare che c’è il rischio che si inneschi una spirale depressiva seria, e a questo proposito voglio raccontare un episodio brevissimo, ma significativo: sono andato a prendere un’amichetta di mia figlia in un albergo che si presentava molto bene; sentendo, però, dalla madre quanto poco paga per il soggiorno, mi rendo conto che c’è un problema, che è necessario fare una selezione sulla qualità e provare ad alzare i prezzi. Come ho detto molte volte – anche per essere prudente – sui capitoli di spesa regionale non disponiamo di molti fondi; li abbiamo, però, dall’Unione Europea e siamo in un momento potenzialmente favorevole perché il Governo ci invita a riprogrammare le risorse comunitarie, anche in vista della programmazione 2014-20. Fino ad oggi c’era un POR già scritto, come una sorta di contratto che ci vincolava nella spesa dei fondi secondo quelle previsioni, ora invece abbiamo maglie più larghe: il documento programmatico che coordina tutto ciò è il “Piano di Azione e Coesione” predisposto dal ministro Barca, che governa tutti i fondi. Anche il POIN verrà riscritto alla luce del Piano, che punta alla riscoperta dei fattori produttivi, diciamo così, opacizzati nel corso del ‘900, e dei servizi alla persona. Ho chiesto la delega al Turismo pur essendo assolutamente inesperto in questo ambito, proprio perché secondo me è un paradigma sia del ruolo che l’istituzione può avere, sia della nuova dimensione antropologica che si è andata determinando e che chiede che si dia grande attenzione ai servizi all’individuo. Nell’indiscutibile condizione di grande individualizzazione che la nostra società ha raggiunto, si possono indicare un elemento negativo ed uno positivo: se, infatti, essa ha spaccato la società per come l’abbiamo conosciuta nei primi 50 anni della storia Repubblicana (sono venute meno aggregazioni e corpi sociali), di positivo c’è che è cresciuta la persona umana, con un’esplosione di interesse per la condizione della soggettività, che va raccolta e curata. L’organizzazione di questo aspetto incrocia una nuova dimensione dei diritti di cittadinanza delle persone: per esempio, ho fatto il pendolare con Napoli durante questi giorni in cui la mia famiglia è in vacanza qui a Ischia, ebbene se mi avessero raccontato la condizione in cui si viaggia non ci avrei creduto! Parti, non parti, non sai se arrivi, decidono all’improvviso di far saltare una corsa da un porto e devi trasferirti all’altro..! Il trasporto impatta sul sistema economico-produttivo ed è un diritto di cittadinanza, che io sia assessore od operaio esigo di essere tenuto in considerazione per i servizi che mi devono essere garantiti. E ciò ha una ricaduta importante, tanto più in una località come Ischia, a vocazione turistica. La cura al turista, diventa un’occasione per ragionare sui diritti di cittadinanza e sul nuovo ruolo che le Istituzioni si devono dare: più attente all’erogazione di servizi, meno preoccupate per il ruolo di erogatori di spesa pubblica con finalità sostitutive del reddito. Questo, in realtà, è un compito che non esiste più già da 15 anni, ma abbiamo proseguito in automatico su quella strada, finendo per girare a vuoto. Progressivamente – stavolta partendo dal mondo dell’impresa, ma senza escludere il resto – si deve iniziare a definire tutto quello che è avvertito da ciascuno come importante e necessario, per poi gerarchizzarlo (perché in questo momento non si devono escludere i bisogni o tagliarli orizzontalmente, ma vanno stabilite delle precedenze), e all’interno di questa logica gerarchica si fa selezione, in modo che si acquisisca anche consapevolezza degli interventi di spesa che si stabiliscono. Come ho già detto, credo che qui a Ischia il punto di attacco sia la qualità: stiamo per bandire la gara per la privatizzazione della CAREMAR che diventerà anche la gara per l’affidamento del servizio e dobbiamo inserire da subito alcune prescrizioni che nel periodo estivo divengano ordinario: credo che questo modo di ragionare sia molto valido e l’atteggiamento della Regione non deve essere di chi concede qualcosa, perché se noi abbiamo scommesso sui Sistemi Turistici Locali, quindi sull’incontro fra pubblico e privato, voglio far di tutto per non perderla questa scommessa. Si può partire – anche se è un rischio perché non possiamo dire “se nasce prima l’uovo o la gallina” – da un’attività promozionale, proponendo un marchio, un’identità che punti tutto sulla qualità. Oggi, l’accoglienza non può abbassare i prezzi sotto una certa soglia, piuttosto si deve dare il giusto prezzo ai servizi che si offrono, fissando il corretto valore per la qualità: accetto di pagare 18.00 euro per una corsa di aliscafo, però significa che la qualità del mezzo e i servizi offerti deve essere buoni. A questo proposito, un signore che fa la guardiania nell’ufficio dove lavoro mi ha detto che lui, sì, fa i sacrifici durante tutto l’anno, ma nei 10-15 giorni di vacanza al mare prende il lettino, vuole trovare il lido in ordine, non gli interessa pagare 20-30 euro in più, ma vuole essere trattato come una persona, indipendentemente dal lavoro che fa, a riprova del fatto che si guarda al giusto prezzo, non al prezzo basso. Coordinarsi e stabilire delle priorità: per Ischia qualità e promozione Scegliete voi la modalità, ma vi invito, però, ad avere un minimo di coordinamento, è importante, ci può essere una persona che delegate a discutere, ma il coordinamento è essenziale: come Regione siamo stati costretti a inserire un paracadute nella norma, per cui il Sistema Turistico Locale è sì definito dal privato e dal pubblico insieme che hanno un certo numero di mesi per organizzarsi, ma in mancanza subentra un commissariamento regionale e non credo giovi a nessuno farsi mettere il cappello in testa, soprattutto ad una realtà come questa. Coordinarsi aiuta tutti, anche la politica, perché il problema oggi sono le soggettualità frammentate: hanno difficoltà i partiti, le associazioni, i sindacati. Certo, non possiamo imporre alla gente di recuperare soggettualità collettiva, obbligandola ad iscriversi ai partiti, ma si deve capire attraverso quali modalità si può ritrovare un’aggregazione di soggetti, magari anche per interessi, per ambiti. Se riuscite a fare questo, state compiendo un enorme passo in avanti, diventa facilissimo aiutare una realtà che ha chiara la propria prospettiva e indica 2-3 punti su cui intervenire prioritariamente, anche con finanziamenti, m questa precondizione è un acceleratore indispensabile. Se si riescono a preparare gli Stati Generali del Turismo a Ischia, organizzando un’iniziativa credibile, forte, che sia preliminare agli interventi successivi, agganciandosi – contemporaneamente – a una serie di manifestazioni che dovrebbero tenersi nel periodo autunnale ed invernale, penso si possa fare un primo approccio alla promozione e, contemporaneamente, stabilire un protocollo per la qualità specifico. Proprio per questo ambito abbiamo molti fondi a disposizione, al punto che non sappiamo che farcene; altro comparto su cui si potrebbe lavorare subito è la formazione, su cui stiamo preparando una delibera di intervento e quindi dovremo stabilire delle modalità di spesa e, per esempio, nel settore termale e del benessere, se riuscite a creare un protocollo dedicato a formazione e qualità sarà sicuramente un passo in avanti. E’ nostro interesse ma anche una necessità fare del turismo e, quindi, di quest’isola uno dei pilastri produttivi della Regione Campania: è ben chiaro, infatti, che non si può più pensare di risollevare l’economia immaginando di fondarla sul pubblico impiego. In provincia, di Avellino, per esempio, che è il mio territorio, abbiamo vissuto su pubblico impiego e industrializzazione forzata: adesso che la FIAT è andata via e il pubblico impiego è finito, è necessario risvegliare fattori produttivi dormienti e questi sono da ricercarsi nell’identità e tipicità del luogo. E se è vero che su questo si è già intervenuto, spesso lo si è fatto in maniera embrionale: sono molto severo, in special modo su quello che accade “a casa mia”, nel mio territorio che ha una potenzialità enorme in termini di patrimonio alberghiero come di monumenti – castelli e borghi – ristrutturati con interventi pubblici. Il problema è che essi non sono stati realizzati pensando alla successiva e necessaria gestione economica di questi beni. Per esempio, una splendida fornace, una delle ultime del Mezzogiorno, è stata ristrutturata guardando solo all’edificio, ma realisticamente, poi, non è possibile tenerla aperta, perché ha i soffitti così alti che i costi per riscaldarla sono insostenibili, hanno provato a farvi di tutto, dal caffè letterario al pub, ma hanno sempre chiuso. L’obiettivo che dobbiamo porci oggi non è accumulare ricchezza, per tenere in vita quell’ipotesi di sviluppo lineare infinito che ci aveva drogato nel ‘900, ma la sostenibilità del reddito, che è anche sostenibilità ambientale e sociale, determinare una condizione di ricchezza che consenta di mantenersi. Di conseguenza, anche il turismo deve diventare un sistema economico–produttivo, che segua le logiche della fabbrica. Il modello di riscontro del conto economico è quello che ha introdotto Banca d’Italia nel 2010, quando ha provato a leggere i sistemi turistici italiani non attraverso i dati degli arrivi e delle presenze, ma con la logica della bilancia dei pagamenti, nel senso di “confrontare quanta ricchezza investe il sistema pubblico per il turismo e quanta ne ricava attraverso gli ospiti che vengono in quel territorio”. In questo modo, si è scoperto che in Basilicata sui fondi del POR 2000-2006 il rapporto è 500 a 1, cioè per ogni 500 euro pubblici spesi, l’introito è stato di 1 solo euro! Quello non è un sistema economico produttivo e in Basilicata si devono dedicare ad altro: il rapporto fra spesa e ricavo deve essere sempre quanto meno + 1: così in Piemonte c’è un rapporto di 1 a 2, in Lombardia circa 1 a 12. Quella di Ischia è una realtà potenzialmente fortissima, se acquistasse consapevolezza di ciò che ha, è un posto straordinario, di una bellezza inaudita, l’altro giorno c’era un cielo terso che sembrava di prendere l’isola di Ventotene con le mani e oggi il turismo è molto basato sulla ricerca di un’esperienza da vivere: si deve riuscire a offrire, a vendere questo, ma da un punto di vista economico il sistema va pensato e costruito come la fabbrica del 2000. Domenico De Masi (Ndr. Sociologo e protagonista del rilancio straordinario del Ravello Festival), persona molto brillante, ha dato questa definizione del sottosviluppo: “non è la mancanza di provvidenze da fuori, ma l’incapacità ad utilizzare le risorse che si hanno”. Prendiamo proprio l’esempio di Ravello: me la ricordo bene quando ero bambino, era come Nusco sul mare, ma lì sono riusciti a crearla l’offerta turistica. Sì, c’è la villa Rufolo, che in realtà prende la conformazione che conosciamo nell’800 quando, sulla scia dell’interesse della cultura romantica per la natura, un inglese vi realizza i giardini che prima non esistevano, creando già allora un prodotto turistico adatto ad attirare il pubblico dei suoi connazionali, appunto. Nel corso del ‘900, poi, l’interesse per quella località si è sopito, per riemergere per l’intuizione di qualcuno, in particolare quando De Masi ha creato la fondazione a Villa Rufolo, ed ha portato l’architetto Nyemeyer che ha realizzato l’auditorium, trasformando Ravello nella realtà turistica attuale, con la più alta concentrazione di 5 stelle in rapporto al numero di alberghi. Lì ho un amico che era ragioniere in una fabbrica, poi ha lasciato quel lavoro per fare il fioraio e organizzare matrimoni, lavora per 3 mesi e guadagna così bene che per il resto dell’anno va in giro per il mondo: Ravello è riuscita a diventare un sistema economico-produttivo, cioè una comunità che si regge sulle risorse che ha.