Monday, March 25, 2024

30/2011

Photo: Enzo Rando
Text: Lucia Elena Vuoso

 

Ci sono luoghi nell’isola d’Ischia dove periodicamente si ripetono delle magie. I maghi sono eccezionali alchimisti che riescono a trasformare semplici prodotti naturali in una bevanda che, da secoli, rilassa il corpo, inebria la mente e rallegra lo spirito. Le cantine, antichissime, attorniate da una folta vegetazione sono teatro del dolce incantesimo, i contadini, che si tramandano segreti di generazione in generazione, i saggi stregoni, l’uva, bianca o rossa, sapientemente coltivata è l’ingrediente fondamentale della prodigiosa pozione. E proprio uno di questi maghi, il signor Vittorio Colella, ha aperto le porte del suo antro incantato per mostrarci l’antica arte del mestiere dell’agricoltore e il teatro dove svolge quest’attività. Un profumo di erba aromatica ci accompagna lungo il sentiero alberato e fresco che dobbiamo attraversare prima di arrivare alla cantina, le viti, con le loro grandi foglie pendono dall’alto e ci fanno ombra, qualche tralcio arricciato di zucca si insinua fino al bordo del viottolo dando, con l’arancio dei fiori, una nota di colore tra il verde della vegetazione e il grigio del terreno. D’un tratto, di fronte a noi fa capolino, prepotente, il mare di Forio e la chiesa del Soccorso, il Torrione, il cielo limpido, le case, i giardini. A circondarci il vigneto Colella, circa un ettaro di terreno a Panza dove il signor Vittorio, vigile urbano, coltiva uva, olive, pomodori, alberi da frutta e verdure di ogni tipo. E poi, mentre camminiamo, ecco che si sente il tipico odore: siamo davanti all’ingresso della cantina. Un ballatoio con un grosso tavolo dove, spiega il signor Vittorio, “dopo aver vendemmiato, con amici e parenti, si fa una grande tavolata coi prodotti della terra e si mangia allegramente, tutti insieme”; pesanti e massicce porte di legno, alle quali sono legati mazzetti di cipolle e pomodorini del ‘piennulo’ fanno da ingresso all’ampio locale. Circa cento metri quadrati sapientemente divisi in due ambienti compongono la maestosa cantina, antica di oltre tre secoli e acquistata dalla famiglia Colella tre generazioni fa. Il tetto a volta, realizzato con pietre tenute insieme tra di loro solo tramite la maestria della disposizione, presenta due grandi finestre in alto e quattro piccole fessure per ogni parete: sono le ‘ventarole’, un antico sistema di ventilazione che permette all’aria di circolare creando l’ambiente ottimale, fresco e asciutto, per dar vita al processo di fermentazione del mosto. La ventarola principale, del volume di circa mezzo metro quadrato, posta sul lato destro della grande scala che conduce alla cantina, attira la nostra attenzione con un soffio di vento fresco, un sibilo che sembra voler comunicare. Ma è tutta la cantina a parlare: accanto alle botti in alluminio di ultima generazione, più consone dal punto di vista igienico-sanitario, fanno bella mostra di sé due grandi botti, capaci di contenere fino a 3500 litri: sono vecchie di 150 anni e inevitabilmente hanno ricevuto dei restauri, realizzati con il cemento. Anche se sono oramai in disuso potrebbero ancora conservare il vino, che acquisterebbe un sapore leggermente più frizzantino al primo travaso. Ma la parte più caratteristica di tutta la struttura sono i due palmenti, scavati direttamente nella roccia, posti uno sull’altro nei quali, ancora come tradizione vuole, si pigia l’uva coi piedi. Il palmento superiore, grande due metri quadrati è collegato a quello piccolo, grande esattamente la metà, tramite un piccolo canale davanti al quale è posta una griglia, che permette di trattenere nel primo quadrato i residui degli acini e i raspi dopo la pigiatura: i contadini versano l’uva appena raccolta nel palmento grande e il succo della prima spremitura passa nel palmento piccolo. Da qui viene raccolto, oggi con le pompe, anticamente con una pompa manuale o direttamente con piccoli tini, che venivano riempiti e svuotati nelle botti centinaia di volte. Accanto alle botti tutta una serie di strumenti che erano utilizzati dal contadino per controllare la buona riuscita del vino: qualche bicchiere per assaggiarlo, una cannula che si fissava all’apertura della botte per permettere il travaso, il termometro per misurare la temperatura del mosto, la botticella di forma ovale che serviva a trasportarlo fuori dalla tenuta per essere venduto, il tripuzio, una sorta di martello dalla testa piatta che serviva a battere il ferro delle botti per farlo aderire perfettamente alle doghe di legno. Quando le botti erano vuote, infatti, le assi da cui erano formate tendevano a restringersi e quindi, prima di essere riempite nuovamente, andavano lavate in acqua di mare o con acqua bollente per far sì che il legno si dilatasse nuovamente. I turisti e i bimbi fanno a gara per poter prendere parte alla vendemmia fatta alla maniera antica e il signor Colella è ben lieto di accogliere tutti a partecipare e, ogni settembre, apre le porte della tenuta alla manifestazione della Pro Loco Panza “Andar per Cantine”, per far conoscere un pezzo di storia e di tradizione a ischitani e ospiti. La produzione del vino, però, ha alle spalle un processo lungo un anno: si comincia a dicembre con la potatura delle viti e la legatura dei tralci, ad aprile c’è la prima irrorazione con la ‘zurfata’ (solfato di rame che si spruzza con una pompa sulle foglie per impedire la proliferazione di funghi) e successivamente la ‘potarella’, una potatura leggera per rifinire le viti e, fino a quando non arriva il periodo di raccolta, sono necessarie altre irrigazioni con lo zolfo, nel caso si verifichino piogge abbondanti che lo lavano via. L’uva che si raccoglie è mista, di tipo Biancolella, Forastera, Trebbiano, Coglionara, Guarnaccia, Nero d’Avola e Alicante e dà vita ad ottimi vini da tavola, sia bianchi che rossi. Accanto alle viti ci sono numerosi ulivi, dai quali il signor Vittorio riesce a ricavare circa 400 litri di olio. E quanto ancora ci sarebbe da raccontare: i fichi secchi, i pomodori pendolini, le olive in salamoia con acqua di mare, ma è tardi, il sole è alto nel cielo, i cani reclamano da mangiare, la campagna, invece, vuole riposare.

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#cantine #ischia #vino #colella

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