Friday, November 8, 2024

interview & Photo_ Riccardo Sepe Visconti

intervista rilasciata il 12 luglio 2020

Il dottor Fiorentino Fraganza, direttore del reparto di terapia intensiva del Cotugno, è stato davvero sulle barricate contro il Covid-19, fin dal primissimo momento, quando l’ospedale napoletano specializzato nella cura delle malattie infettive e il suo reparto sono diventati, nel giro di pochissimo tempo, il punto di riferimento cui tutti guardavano. Tanto più quando proprio i pazienti del dottor Fraganza sono stati i primi a ricevere il Tocilizumab, frutto della collaborazione fra i medici del Cotugno e quelli del Pascale guidati dall’oncologo Paolo Ascierto, per contenere la pericolosissima reazione infiammatoria eccessiva che si innesca nei malati di polmonite da Covid-19.

Come agisce il virus e quali meccanismi patologici innesca quando colpisce?

I virus necessitano di meccanismi cellulari, che sono propri delle cellule che infettano, per poter sintetizzare le loro proteine. Da un punto di vista immunologico interessa conoscere i meccanismi che sottendono il ciclo di replicazione del virus, che inizia dall’unione del virus libero con i recettori specifici della cellula ospite. Questi recettori determinano il tropismo e la specificità dell’infezione. L’interazione tra il virus e la cellula ospite attiva una serie di cellule mediatrici dell’infiammazione che a loro volta liberano sostanze proinfiammatorie. Questo processo che avviene a cascata ed ha un carattere esponenziale, è responsabile della risposta infiammatoria sistemica che si osserva in tutti i pazienti affetti da infezione. Oltre ad un attacco nei confronti del virus la risposta infiammatoria sistemica può causare, quando è particolarmente violenta ed aggressiva, danni ai tessuti dell’organismo ospite causando una sindrome da disfunzione e/o insufficienza d’organo. L’infiammazione sistemica viene contrastata dal sistema immunitario attraverso la produzione di mediatori antiinfiammatori, come le interleuchine, che contribuiscono a determinare una risposta antagonista compensatoria. Tale meccanismo spiega il problema dell’accumulo nei pazienti affetti da Covid-18 di interleuchina 6, una proteina prodotta dal sistema immunitario della persona ammalata e che ha come conseguenza un’azione lesiva al livello dei polmoni. Questa è la ragione per cui ci si è indirizzati all’uso di specifici farmaci utili a bloccare tale risposta esagerata, e perciò dannosa, del sistema immunitario al virus. Preliminarmente, però, dobbiamo distinguere le diverse fasi in cui la malattia può evolvere: nella sua espressione virologica (per esempio, febbre, diarrea, ecc. cioè la fase che la rende simile ad una influenza) questa può essere controllata facilmente, anche con farmaci antivirali, che tuttavia non hanno una specificità di azione contro il Corona virus. L’evoluzione della stessa è in direzione di una manifestazione polmonare che conduce alla polmonite interstiziale che rappresenta la prima manifestazione seria del Covid-19 che, se non arrestata dà origine ad una endotelite, una forma di vasculite, che determina un’infiammazione del tessuto che riveste la superficie interna dei vasi sanguigni, linfatici e del cuore, e dalla quale  si può sfociare anche in una MOF – la sindrome da disfunzione multiorgano. Nei nostri pazienti abbiamo registrato le manifestazioni tipiche di questo tipo di lesioni, caratterizzate da trombosi e poi l’alterazione di altri organi, per esempio l’insufficienza renale e quella epatica.

Come avete contrastato questo meccanismo?

Non esiste al momento uno schema terapeutico di sicura efficacia e i meccanismi di aggressione all’ospite del virus sono in corso di studio da parte della comunità scientifica internazionale. Le difficoltà a gestire la fase conclamata della malattia, quella che si manifesta come ho detto, con la ARDS (cioè la sindrome da distress respiratorio acuto) e con la sindrome da disfunzione multiorgano (MOF) sono state molte. La gravità delle manifestazioni cliniche è correlata alla tempesta citochinica che procura il virus. Tale condizione scatena una reazione incontrollata dell‘organismo, con quadri infiammatori generalizzati. Cerchiamo, quindi, di contenere lo storm citochinico e raffreddare la risposta infiammatoria disregolata riequilibrando la bilancia tra attività antinfiammatoria e pro infiammatoria. Per farlo, utilizziamo diverse strategie terapeutiche anche in combinazione. Il tocilizumab è un anticorpo monoclonale che agisce bloccando la produzione di interleuchina 6, una potente molecola infiammatoria prodotta dal sistema immunitario in risposta all’infezione, come abbiamo già visto. E la conoscenza che bassi livelli di anticorpi protettivi contro l’insulto infettivo si correla all’outcome dell’infezione, evidenzia un ruolo degli anticorpi per combattere le infezioni. Nel contesto di una terapia multimodale e in relazione a queste considerazioni, è possibile utilizzare contro il Covid-19 immunoglobuline polivalenti che possono rappresentare un possibile elemento terapeutico di sostegno nella modulazione della risposta immunitaria e infiammatoria dell’ospite all’insulto. Utilizziamo immunoglobuline ad alto contenuto di Iga ed Igm e inoltre tecniche extracorporee di rimozione citochinica. Inoltre, somministriamo eparina e, in sinergia con infettivologo e pneumologo, cortisone.

L’utilizzo del Tocilizumab per combattere la reazione infiammatoria innescata dal Corona virus è frutto della collaborazione con i colleghi dell’Istituto dei tumori Pascale.

Sì, la collaborazione è nata fin dal primo momento con Paolo Ascierto, Franco M. Buonaguro, l’amico Enzo Montesarchio e altri colleghi del Cotugno e del Pascale, il dialogo è stato forte anche a livello aziendale fra i due ospedali, fra il nostro direttore generale Maurizio De Mauro e il direttore generale del Pascale Attilio A. M. Bianchi.

Dal suo racconto emerge un grande lavoro interdisciplinare fra medici di diverse specialità.

Infatti, ho sempre espresso il mio pensiero che ad agire doveva essere una triade composta da infettivologo, intensivista e pneumologo, questo è stato il team working attorno a cui si è coesa la risposta terapeutica al Covid-19. Devo dire che Maurizio Di Mauro, cui è affidata la direzione strategica degli ospedali dei Colli di cui fa parte il Cotugno, è un grande professionista, ci è sempre stato accanto, attento, pronto, disponibile, supportandoci nelle nostre necessità di attrezzature, personale, spazi e ha permesso che le diverse specialità dialogassero il più possibile e ancora adesso continua a sostenerci in questa fase che definirei di quiescenza del virus. Una delle specialità maggiormente messa sotto pressione è stata la microbiologia, se si pensa ai tamponi faringo-nasali da eseguire in numero enorme e in tempi molto brevi: la compattezza di tutti i medici e del personale di fronte alla patologia da combattere è stata per noi determinante, ci ha dato forza. E’ difficile immaginare ciò che è successo nei due mesi peggiori, è difficile far comprendere le difficoltà in cui il personale si muoveva e i rischi che ha corso.

Quali erano i problemi maggiori che avete affrontato?

Giungevano in Pronto Soccorso pazienti da tutti gli ospedali in condizioni gravissime, in una fase già assai avanzata della malattia, con il sospetto che fossero affetti da Covid-19. Sono arrivati in molti e tutti insieme, con insufficienza respiratoria conclamata, in stato di shock e la rianimazione era già piena, quindi abbiamo dovuto assisterli e stabilizzarli rimanendo in Pronto Soccorso, altrimenti li avremmo persi. Noi anestesisti rianimatori, muniti di dpi, che abbiamo sempre avuto, ci recavamo in Pronto Soccorso ed eravamo costretti a intubare i malati sul posto, li abbiamo sottoposti a ventilazione, a supporti emodinamici, li abbiamo tenuti lì anche 6-7, 12 ore finché non avevamo un posto in terapia intensiva. Nei primi giorni abbiamo trasferito al II Policlinico, Loreto Mare, Santa Maria delle Grazie e al Monaldi. Poi anche il Cotugno, secondo una politica adottata in molte altre strutture, ha dedicato una palazzina esclusivamente al Covid.

L’epidemia ha ridato il giusto ruolo a questo ospedale che è un’eccellenza in campo infettivologico – come ha sottolineato anche il servizio che vi ha dedicato Sky News Regno Unito – e che però è sempre stato poco considerato.

Quando all’inizio dell’epidemia si tendeva a sminuirne la portata sottolineando che i casi erano pochissimi, qui con rapidità si è fatta partire l’organizzazione per fronteggiare l’emergenza che sapevamo sarebbe arrivata. D’altra parte, noi del Cotugno siamo mentalmente e professionalmente rivolti a queste patologie infettive perché fanno parte della nostra cultura, purtroppo abbiamo vissuto precedenti infezioni come H1N1 e Sars, non tralasciando quelle malattie infettive che quotidianamente curiamo e che in parte possono essere molto gravi e contagiose. Qualcuno con molta enfasi ha detto che siamo fra i migliori al mondo: ciò che è sicuramente vero è che abbiamo svolto il nostro lavoro con la massima attenzione, facendo tutto il possibile per i pazienti e cercando di non avere problemi di contagio con il personale. Tutto il personale dell’UOC di anestesia, rianimazione e terapia intensiva del Cotugno è stato eccezionale per la capacità e la duttilità avute nell’approcciare la malattia, dando la migliore assistenza possibile senza contagiarsi. Ma soprattutto un plauso va a quei colleghi che sono riusciti a gestire con maestria situazioni davvero complesse in Pronto Soccorso e accettazione, tenendo i pazienti ricoverati e ventilati in stanze non di rianimazione per aspettare la disponibilità a trasferirli: l’organizzazione, di cui noi siamo stati parte integrante, ha funzionato. Tuttavia, auspico la creazione di un dipartimento dedicato alle intensività infettivologiche, con posti di terapia intensiva e subintensiva da gestire con elasticità, ma che siano pronti in caso di bisogno e, contestualmente, è fondamentale aggiornare il personale perché sia sempre formato e pronto e per non disperdere il know how acquisito dagli operatori di prima linea.

Le autopsie sui deceduti per Covid-19 si sono eseguite in ritardo e solo al Nord: per quale ragione, perché nessuno dei nostri ospedali le ha fatte?

Molte autopsie sono state eseguite al Nord appunto, qui c’è ancora un problema culturale, non è semplice dire ai familiari che si vuole fare l’esame autoptico sul loro congiunto e non sono molte le sale attrezzate per questo tipo di patologia.

Che idea si è fatta dell’evoluzione dell’epidemia in Italia?

E’ evidente che la situazione ad un certo momento sia cambiata. La mutazione del virus è indubbia e la manifestazione clinica del Covid-19 attualmente è davvero molto bassa, la virulenza è bassa, ma questo non vuol dire che il virus non circoli ancora.

Potrebbe riprendere forza?

Nulla è codificato, ma non è escluso che un ritorno dell’epidemia in autunno ci sia; l’aver imposto un lockdown molto rigoroso è stato fondamentale per ridurre in modo sostanziale i contagi. Adesso tocca alle singole persone riuscire con i propri comportamenti a farlo circolare il meno possibile, quindi mascherina e distanziamento.

Come immagina il futuro del Cotugno?

Spero che questo ospedale possa diventare un IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico), sarebbe un giusto riconoscimento. Nel frattempo, credo che si possa candidare a essere l’hub di infettivologia in Campania e nel sud Italia e avere un dipartimento di alta intensità infettivologica flessibile e attrezzato, che possa accogliere i malati con patologie infettive molto gravi che necessitano della rianimazione. RSV_5601 osp Cotugno-01RSV_5319 osp Cotugno-01RSV_5013 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5030 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5219 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5225 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5277 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5287 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5289 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5295 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5312 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5319 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5353 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5366 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5425 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5450 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5502 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5636 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5737 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5778 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5813 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5833 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_5842 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_6019 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_6044 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_6063 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_6101 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_6124 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_6152 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_6164 osp Cotugno-01.jpegCotugnoRSV_6019 osp Cotugno-01