Tuesday, May 14, 2024

17/2007

Photo: Claudio Iacono
Text: Riccardo Fioretti

 

Ore dieci di una fresca domenica sera di settembre. E’molto difficile trovare un posto a sedere, si spengono le luci sull’arena Mirtina mentre a malapena riesco a rubare uno spigolo di panca ad un vecchio signore: tutt’intorno a me un brusio… di voci e sussurri… di gente impaziente. D’improvviso una luce illumina un pianoforte:niente più sussurri adesso, solo io e la musica di uno smilzo poeta crotonese.
Sergio Cammariere è un pianista raffinato ed un interprete coinvolgente. E’ difficile credere che solo adesso, a quarant’anni suonati, pubblichi il suo primo album. Certo dal ’97 (quando vinse al premio Tenco il premio I.M.A.I.E. con unanimità di consensi quale miglior esecutore e interprete della manifestazione) ne è passato di tempo… Tutto ciò mi fa pensare che, come a volte succede, un grande talento sia sfuggito agli sguardi sempre ‘molto’ attenti dell’industria discografica italiana. “Dalla pace del mare lontano” è un album straordinario, seducente e ricco di emozioni: una bossanova jazzata mista a son cubano, il tutto registrato in presa diretta; risultato di anni di collaborazione con il poeta e cantautore Roberto Kunstler.
Più chiaramente comincio a distinguere, sul palco, soltanto strumenti acustici: un contrabbasso, un set di percussioni, una batteria. Le luci soffuse di colore blu creano un’atmosfera da antro fumoso di Jazz Club, osservo il suo modo elegante di muovere le braccia lunghe e le mani affusolate anch’esse, lui si gira, guarda un attimo la platea, sorride. Suona. La sua voce calda riecheggia nell’Arena, non c’è un alito di vento, anche la natura sembra si sia fermata un istante ad ascoltare così come me e non so quanti altri, immobili, rapiti ad assaporare un momento unico. Un inchino al termine del brano di apertura, un sorriso accennato ed un timido buonasera, gesti lenti e misurati, come un nobiluomo d’altri tempi in frac. Penso tra me e me “al diavolo tutti i puristi che distinguono tra blues, ragtime, hot e free jazz, fusion…secondo me bleffano”: li guardo in faccia e le loro facce non fanno giri di parole. Sono rapiti, presi per mano da un romanticismo puro, dalla dolcezza della sua musica. “Queste mani non sono mani, ma fiori che ti copriranno”, non suona, parla attraverso il pianoforte accompagnato dalla magica tromba di Fabrizio Bosso. E’ un moderno Gino Paoli che fa il verso allo swing di Paolo Conte. La batteria di Amedeo Ariano lancia il terzo brano, lo accompagna il contrabbasso del guru Luca Bulgarelli, il ritmo diviene saltellante con le antiche percussioni di Simone Haggiag, la musica si fa più urgente quand’ecco Olen Cesari, che illumina l’aria col suono del suo violino elettrico. Un tripudio di armonie; mi rendo conto che Cammariere il meglio lo dà proprio dal vivo, ora è visibilmente allegro, disinibito. Sergio si ferma, lo scroscio degli applausi quasi copre le sue parole: “il mio maestro di musica una volta mi disse: se un giorno suonando una tua canzone sentirai un coro di sottofondo di certo avrai scritto una bella canzone”.
Sergio Cammariere, da Crotone a Roma, passando per Firenze ora si esibisce ad Ischia, nella serata conclusiva di un Ischia Jazz Festival certo non propriamente concentrato sul tema musicale principale (dal grandissimo Allevi all’omaggio a Ray Charles di un inossidabile Andrea Mingardi). Penso “ok, la musica pura non ha bisogno di rappresentazioni ma per rappresentare oggi canzoni d’autore c’è bisogno di creare un evento musicale, cioè quella cosa che nasce tra l’artista che racconta le cose e il pubblico, dove musica è l’elemento unificatore nel linguaggio universale”. Ecco perché insieme a Olen ci chiede di fischiettare un motivetto, uno qualsiasi, così a caso… Qualcuno accenna tre note, il violinista le ripete. Pochi secondi e ne nasce una melodia, che diventa accordo ed in fine canzone, musica. Tutti sorridono, sorpresi e divertiti. Sergio suona “Tutto quello che un uomo”, la cantiamo tutti, lui termina ma poi riparte e ci chiede di cantare l’ultima strofa insieme… Il concerto termina sulle note di “Vita d’artista” ed io penso che sono felice, felice di aver ascoltato un “Cantautore piccolino” ma un grande artista tenuto per troppo tempo in disparte da un mondo fatto di uomini “fuori dal mondo per settimane, schiavi del cuore e di un pezzo di pane”.