Thursday, April 18, 2024

Text_ Lucia Elena Vuoso  Photo_ Archivio Oceanomare Delphis

Il mare racconta storie. Le ha sempre raccontate, attraverso marinai impavidi, relitti sommersi, inestimabili tesori, attraverso bellissime sirene e perfidi pirati. Oggi lo fa attraverso le voci di Angelo Miragliuolo, Carlotta Vivaldi e Sara Osenda, rispettivamente comandante ricercatore, biologa ricercatrice e assistente ricercatrice a bordo del veliero-laboratorio Jean Gab, che fa base stabilmente nel porto di Casamicciola Terme, nell’ambito del progetto Ischia Dolphin Project. Storie di delfini e capodogli, di emozioni e di scoperte, storie di uomini un po’ animali e di animali molto umani, ambientate nello specchio d’acqua tra le isole di Ischia, Procida e Vivara.

I delfini possono essere di diverse specie, col rostro o senza. Il delfino comune – Flipper per intenderci – è quello più a rischio d’estinzione. Il globicefalo, quello di cui si ha un minor numero di avvistamenti nell’area, non ha il rostro ed è chiamato dai pescatori del posto ‘ ‘u monc’ – il monaco – per il colore del suo manto. Infatti, è tutto bruno e sul torace ha una macchia bianca a forma di ancora. Quando viene fuori dall’acqua e si mostra di pancia, assomiglia moltissimo ad un frate, col cappuccio in testa e il colletto bianco. Un’altra specie di delfino di cui sono stati avvistati molti esemplari è il grampo. Sono creature molto socievoli, amano entrare in contatto fra di loro e lo fanno con morsi e sfregamenti; non si fanno del male ma, essendo la loro pelle molto sensibile, lungo tutto il corpo presentano i segni di morsi e graffi che restano per sempre e non è raro che sugli esemplari anziani divengano tutti bianchi. I tursiopi, invece, sono i più curiosi ed intraprendenti: lunghi circa quattro metri, hanno il becco e i maschi giovani spesso si allontanano dal branco per esplorare coste ed insenature e non di rado sono stati avvistati nel porto di Napoli. Infine, il delfino più comune nel Mediterraneo, la stenella striata, sottile e lunga circa due metri. Sono molto furbe e hanno escogitato un trucco per mangiare a sazietà e senza fatica: fanno visita, anche due o tre volte in una notte, alle ‘totanare’, avendo capito che le luci calate da queste sul fondale servono ad attirare totani, calamari e polpi di cui vanno ghiotte, e saccheggiano letteralmente il pescato. Altro trucco che i delfini usano per catturare il pesce è seguire i capodogli. Quando questi emergono dal fondale per respirare, i delfini, a decine, gli si scagliano addosso per cercare di mangiare tutti i piccoli polpi che viaggiano sotto l’animale. Spesso il capodoglio è anche infastidito dall’attacco dei delfini che per cibarsi lo graffiano, anche in punti sensibili come gli occhi, e cerca di allontanarli sbattendo violentemente la coda nell’acqua.

Il capodoglio, così grande e così possente, che a prima vista può anche spaventare, sa essere non solo molto dolce ma anche agilissimo nei movimenti e delicato coi piccoli. I capodogli, come gli esseri umani, hanno una vita media di circa 70 anni e la loro è una società matriarcale. Nonne, zie, mamme e cuccioli vivono insieme fino a quando il “piccolo” non raggiunge la lunghezza di 11 metri. A questo punto, tutti i giovani maschi vengono raggruppati insieme ed allontanati. Le femmine hanno un cucciolo ogni 5 anni circa ed i piccoli appena nati non sanno nuotare bene. La madre, però, è attentissima, e se avverte anche il minimo pericolo per il figlio, emerge nel giro di pochi attimi e nuota a mezzo metro da lui. Molto buffo è assistere all’allattamento poiché il cucciolo non ha grande capacità di apnea e, quindi, si tuffa sotto la mamma, succhia velocemente il latte e riemerge trafelato dal lato opposto, prende fiato e torna ad immergersi, fino a quando non è sazio. Spesso il capodoglio viene confuso con la balenottera, si pensa infatti che il primo sia più grande. Non è così: la balenottera, infatti, coi suoi 23 metri è l’animale più grande del pianeta, il capodoglio, invece, è lungo al massimo 15 metri. Spesso si è indotti in errore poiché la balenottera non emerge completamente in superficie e ci si rende conto della sua maestosità solo se passa accanto all’imbarcazione, mentre il capodoglio per respirare si mostra completamente, con la sua grande testa, fuori dall’acqua. Delfini, capodogli e balenottere sono gli unici esseri viventi al mondo che non hanno una tana dove rifugiarsi. Quando dormono si mettono a pelo d’acqua in modo da poter respirare e si lasciano trasportare dalla corrente. Hanno gli occhi aperti, ma chiudono le orecchie. Queste specie, infatti, comunicano con gli ultrasuoni: emettono dei ‘click’ e grazie al segnale di ritorno riescono a vedere precisamente cosa hanno di fronte. A secondo del numero di dettagli che vogliono conoscere di un oggetto emettono click di diverse entità, e la loro percezione è sorprendente: riescono a vedere attraverso il piombo, riescono a capire di quali e quanti materiali è fatto un ostacolo e ne hanno conoscenza a 360 gradi. Uno degli episodi più belli che si ricordano a bordo del Jean Gab è l’incontro tra la cagnolina-mascotte Zora (ora sostituita da Berta) e il giovane globicefalo Pan. Pan era ancora protetto da Cagliostro, il ‘pilota’ maschio adulto. I delfini, infatti, non hanno un capobranco, ma un pilota che gestisce solo la difesa, poiché il maschio non può comandare sulla femmina. Spesso i piloti, quando avvistano un’imbarcazione, iniziano a saltare davanti alla prua per attirare l’attenzione su se stessi e distoglierla dal branco e dai piccoli, che scompaiono in fretta nei fondali marini. Un giorno in cui Cagliostro, conoscendo l’imbarcazione e fidandosi dell’equipaggio, era più rilassato, il piccolo Pan sfuggì al suo controllo. Si avvicinò allo scafo saltando e Zora iniziò ad abbaiare come se le attenzioni del delfino fossero dirette a lei. Cominciò un inseguimento: il delfino dall’acqua e la cagnetta dalla barca, fino alla poppa. Finito lo spazio per correre Zora si tuffò sul gommone di scorta e si sporse in acqua, nello stesso momento Pan mise la testa fuori dall’acqua. I due animali si guardarono negli occhi per circa un minuto alla distanza di un pochi centimetri l’uno dall’altra. La storia che si raccontarono ci è ancora sconosciuta, come ci sono sconosciute ancora tante informazioni, tante curiosità e tante avventure sui più grandi abitanti del mare.

Tutte le specie di cui abbiamo raccontato possono essere avvistate durante le escursioni in barca a vela organizzate dall’associazione Oceanomare Delphis, anche aperte al pubblico. Per informazioni si può scrivere a postmaster@oceanomaredelphis.org.