Wednesday, March 13, 2024

Sono lì da 1500 anni, poco sotto il pelo dell’acqua, fra 2 e 12 metri circa di profondità, furono alcune delle più belle e sontuose ville che il talento architettonico dei Romani ha saputo produrre. Sul golfo placido e ben riparato da quasi tutti i venti che si apre fra capo Miseno e Pozzuoli, infatti, quello che è stato uno dei più grandi imperi della storia dell’umanità ha realizzato la sua città delle delizie, una stazione di otium, noi diremmo vacanze, piacere, relax (una sorta di Costa Azzurra o di Portofino dell’antichità, all’ennesima potenza, con una vita lunga secoli). Fecero costruire, infatti, in particolare nella zona di Baia (oggi nel comune di Bacoli) e lungo il lido baiano le loro incredibili dimore personaggi che non avevano limiti di spesa, a cominciare da imperatori come Tiberio (che vi morì nel 37 d.C.), Claudio, Adriano, e in quanto residenza estiva della corte imperiale, i Campi Flegrei divennero meta ambita per i personaggi più ricchi e potenti che le ruotavano attorno. Per fare solo un esempio, è a Baia che fu organizzata la fallita congiura contro Nerone, detta “dei Pisoni”, dal nome della famiglia nobile che la capeggiava e, quando furono scoperti e duramente puniti (il capofamiglia Gaio Pisone si suicidò, come si usava allora in questi casi), la loro magnifica villa passò al demanio imperiale. Tutti costoro contribuirono a coprire ogni metro delle balze collinari che scendono verso il mare di edifici, scenografici giardini e ninfei, peschiere, fontane, terme, decorati con marmi e pietre pregiate provenienti da ogni angolo dell’impero e con un enorme numero di statue. Di strutture termali ne sono state contate fino a 20 nel giro di 3-4 chilometri: uno dei divertimenti più amati dai Romani, infatti, era rilassarsi alle terme e qui, grazie all’origine vulcanica della zona, l’acqua calda sgorgava copiosa dal terreno, bastava scavare, mentre altrove, negli edifici termali di Roma, per esempio, erano costretti a riscaldarla con il fuoco.

E però ai Campi Flegrei vulcanesimo significa pure bradisismo: ne è un fenomeno secondario, al pari delle sorgenti termali, ma le sue conseguenze possono essere rovinose. Più o meno lentamente, infatti, il suolo si innalza o si abbassa, anche di molti metri. Con danni enormi per tutto ciò che c’è sopra – strade, case, edifici pubblici, strutture portuali ecc. In particolare a Baia e dintorni il terreno è sceso rispetto all’epoca imperiale e la linea di costa è indietreggiata di circa 400 metri! Questo ha significato veder sparire fra i flutti, nel tempo ma inesorabilmente, tutto ciò che era stato costruito. E che il mare ha quindi custodito per molti secoli, sotto metri di sabbia, fra leggende di pescatori e ritrovamenti sporadici, spesso in seguito alle mareggiate. Fino a quando negli anni ‘50 un aviatore militare scatta delle foto durante una ricognizione e appare evidente che davanti alle coste fra capo Miseno e Lucrino, ma in realtà anche proseguendo fino a Pozzuoli, c’era una vera città sommersa. Di cui si vedevano attraverso l’acqua trasparente i tracciati regolari delle strade e degli edifici, e da quel momento decenni di complessi scavi archeologici subacquei ci hanno restituito un luogo assolutamente speciale: 178 ettari (780mila metri quadri), tutelati dal 2002 come area marina protetta, visitabili grazie a 5 punti (ma se ne aggiungeranno altri) in cui ci si può immergere. Accompagnati dai diving della zona, i quali, affiancando la Soprintendenza, hanno avuto un ruolo determinante nel realizzare quel sito unico che è il parco archeologico sommerso di Baia. Uno dei sub più attivi e lungimiranti è sicuramente Vincenzo Maione, proprietario del diving Centro Sub Campi Flegrei, professionista esperto di immersioni, imprenditore, un legame fortissimo con i Campi Flegrei e il suo mare: “Questo percorso di conoscenza e salvaguardia è iniziato quando pochissimi ci credevano e sono stato fra i primi ad accompagnare sui mosaici i turisti”, quando i pescatori li chiamavano mattonelle, mentre oggi se individuano nuovi resti della città sommersa corrono a informare l’ente gestore del parco. In mezzo, un percorso complesso ma pieno di soddisfazioni fra conoscenza, restauro e studio, tutela e promozione del sito. Con il preciso obiettivo di farne anche un attrattore turistico in un’area che, entrata in crisi irreversibile già da tempo l’industria pesante che qui ha garantito migliaia di posti di lavoro, si trova a dover far ripartire l’economia, e il turismo è una strada che va assolutamente percorsa. Oggi, visitano i resti di Baia sommersa circa 20mila persone l’anno, con un aumento del 20-25% all’anno e il Centro Sub Campi Flegrei è il diving più scelto da chi, italiani e stranieri, vuole “immergersi nella storia”. “Ci ho sempre creduto e ho investito sulla possibilità di lavorare e creare lavoro rimanendo in questa terra che ci procura sicuramente degli scompensi, a causa dell’instabilità dovuta al vulcanesimo, ma che è anche una risorsa potenziale enorme” – prosegue Maione con entusiasmo contagioso e una visione chiara di ciò che vuole ancora realizzare. Attualmente, si visita Baia sommersa quasi tutto l’anno, sia con lo snorkeling che in immersione: entrambi garantiscono grandi emozioni, perché il fondale è molto accessibile (anche ai bambini) e non è necessario essere subacquei per goderne, sicuramente non subacquei esperti, si va infatti dai 2 ai 10-12 mt di profondità a secondo dell’itinerario scelto, ed è possibile anche l’escursione con la barca con fondo trasparente, dopo un incontro in cui si illustra cosa si andrà a vedere. “A breve, inoltre, doteremo chi lo desidera anche di un ipad da adoperare sott’acqua con geolocalizzazione e, arrivati nei punti più interessanti, grazie a un codice QR si aprirà una schermata che spiega il sito e i reperti presenti in quel punto. Inoltre, si possono fotografare e inviare immediatamente in rete l’immagine sui social. Siamo molto interessati, infatti, a ciò che può amplificare l’esperienza della visita subacquea, e la tecnologia ha molte potenzialità in questo senso. Abbiamo acquistato anche dei visori OCR che con il joystick consentono, stando comodamente a terra, di vedere una parte dei siti, avendo la sensazione di tuffarsi in acqua e immergersi. Lo porteremo nelle fiere e ci faciliterà il racconto di ciò che si può fare da noi e quindi la promozione. Ed è in progetto pure un videogioco interattivo dedicato a Baia”.

Una volta sott’acqua, si apre un mondo silenzioso e affascinante: essendo l’area protetta, la fauna è ricchissima e abita fra eleganti mosaici, che si ritrovano in più punti della città sommersa, statue, muri, strade costruiti oltre 2000 anni fa. Qui possiamo accennare solo a un paio dei siti visitabili: l’invito è di andare a scoprirli tutti da vicino, e ad essi Vincenzo Maione insieme al bravissimo fotografo subacqueo Pasquale Vassallo, le cui suggestive immagini corredano anche questo articolo, ha dedicato un libro-guida agile e ricco di informazioni (Parco Archeologico Sommerso di Baia, Valtrend editore).

Nella zona di punta Epitaffio, per esempio, si visita ciò che resta della villa dei Pisoni (su cui intervenne poi con il suo genio da architetto l’imperatore Adriano), fra l’altro è l’unica di cui si conoscono per certo i proprietari, la famiglia patrizia dei Pisoni, perché è stato ritrovato il loro nome impresso su una tubazione per l’acqua. Poco lontano il ninfeo del palazzo imperiale di Claudio, uno dei ritrovamenti più entusiasmanti. Sempre le provvidenziali (in questo caso) mareggiate hanno rivelato un ambiente tipico dell’edilizia romana, il ninfeo, uno spazio conviviale, definito da elementi ben precisi. La forma ricordava una grotta (in cui gli antichi credevano abitassero le ninfe) ed era sempre presente un richiamo all’acqua; nel nostro caso poi c’erano statue e decorazioni di pregio, per creare un ambiente raffinato ed evocativo in cui si svolgevano banchetti. Il ninfeo di Claudio a Baia era particolarmente scenografico, lungo 18 metri e largo 9, con una vasca centrale che si collegava al mare da cui gli ospiti potevano giungere direttamente in barca e, lateralmente, i banchi in marmo su cui si adagiavano i commensali e nicchie occupate da statue. Sul fondo della grotta, in particolare, un imponente gruppo statuario richiamava uno degli episodi più celebri dell’Odissea, quando Ulisse, con una coppa in cui il compagno Baios versa vino da un otre, fa ubriacare il gigante Polifemo prima di accecarlo. Del gruppo ci restano solo Ulisse e Baios (quelle sotto il mare sono copie, gli originali sono custoditi nel museo archeologico dei Campi Flegrei all’interno del castello di Baia, in sale al momento purtroppo chiuse), mentre dalle nicchie laterali provengono altre statue, ritratti di parenti dell’imperatore e divinità. Un luogo avvincente Baia sommersa, come in realtà tanti altri nei Campi Flegrei, in cui davvero si entra nella storia, si tocca con mano il mito, come in una macchina del tempo: siete pronti a salirci?

Text_ Silvia Buchner  Photo_ Pasquale Vassallo

ICITY56