Friday, May 3, 2024

26/2009

Photo: Gino Di Meglio
Text: Riccardo Sepe Visconti

 

Cos’è per te la fotografia?
Più che un hobby è una passione che mi consente di esprimere un lato nascosto di me, che non viene fuori dalle altre mie attività, quella professionale innanzitutto, e da quel poco di attività politica che ho fatto, diciamo che è un’evasione.
Attraverso la fotografia guardi quello che sta intorno a te o dentro di te?
Attraverso la fotografia si guarda dentro e fuori. La fotografia è un mezzo per comunicare e come tale consente di tirare fuori quello che si è per renderlo conoscibile agli altri.
Perché fotografi in bianco e nero?
Innanzitutto mi consente di stampare da me le foto, senza ricorrere ad un laboratorio. Poi, col tempo, il mio vedere fotografico è divenuto un vedere in bianco e nero.
Stampare da te può anche significare che vuoi tenere tutto sotto controllo?
Sì, seguendo le foto fino alla stampa, che è stampa fine art, sono certo di riuscire a trasmettere a chi le guarderà le emozioni che i soggetti hanno suscitato in me e che mi hanno portato a realizzare quegli scatti.
Spielberg nel film Schindler’s List usa un bianco e nero splendido, con la trovata fenomenale della bambina con il cappottino rosso, dove il colore serve a portare lo spettatore in un’altra realtà…
In una mostra che feci alla banca Antonveneta esposi uno scatto della spiaggia della Mandra, in una giornata grigia, con dei panni stesi ad asciugare fra le barche dei pescatori, colorando a mano alcuni di quei panni.
Perché hai fatto questa scelta?
Mi piaceva quel tocco di colore che stava a testimoniare la presenza della vita, delle persone cui quei panni appartenevano.
Il bianco e nero offre la gamma dei grigi ma ti priva dei colori. Potrebbe sembrare apparentemente una scelta di minor fantasia, ma in verità entrambi sappiamo (e lo pensano in molti) che il bianco e nero consente di comunicare con maggiore profondità rispetto al colore. Per quale ragione, secondo te?
Quando osservi una foto in bianco e nero ricevi un’emozione maggiore perché puoi metterci i colori e quindi rappresentarti la realtà, davanti ad una foto a colori l’osservatore guarda semplicemente la realtà immediata cui non può aggiungere nulla.
Pensi che l’uso del digitale uccida la fotografia?
No, dà enormi, nuove opportunità. Io continuo a usare l’analogico soprattutto perché passando già molte ore al computer per lavoro, l’idea di farlo anche per rielaborare le foto non mi piace: preferisco l’artigianalità della camera oscura.
Quanto del tuo tempo dedichi a questa passione?
Oggi poco; ho abbandonato a lungo la fotografia, soprattutto quando ho fatto politica attiva e sono stato consigliere di minoranza del comune di Ischia. In quel periodo, che è durato 4 anni e sei mesi, non ho preso la macchina fotografica in mano!
Allora, ti faccio una domanda cattiva: ne è valsa la pena?
Certamente, fare politica, essere consigliere comunale ti porta a conoscere e comprendere esigenze differenti, mentre dentro questo studio si è inevitabilmente concentrati solo sulle necessità dei clienti.
Quali sono i tuoi soggetti preferiti?
In passato, ho fotografato scorci di un’isola che non c’è più, in primo luogo nel mio Comune, essenzialmente di notte. Di notte perché è il momento in cui c’è più tempo libero, le strade sono vuote e dallo scenario notturno ti derivano le suggestioni più potenti. Ho fatto anche dei nudi, che trovo molto belli, mai volgari. Oggi, invece, mi sto dedicando ad un diverso modo di pensare fotografico. Non più il reportage, l’istantanea, ma una fotografia più meditata, un tentativo di astrarre dal mondo fenomenico delle scene, in modo che queste diano emozioni. Talvolta, il fotografo riesce a cogliere in scenari banali, consueti, un particolare aspetto o attimo che agli altri sfugge.
Ti è mai capitato di fare una foto molto buona tuo malgrado, senza che l’avessi ‘progettata’?
Certo, la casualità gioca un suo ruolo anche quando si fotografa, mi è capitato di realizzare scatti che non erano in qualche modo previsti, tuttavia il caso viene aiutato dal bagaglio tecnico e di esperienze che ti porti dietro.
La tua è una foto ragionata, eseguita a cavalletto?
Oggi fotografo quasi sempre a cavalletto, mentre prima scattavo a raffica, bruciando una pellicola da 36 pose in 5 minuti. Oggi, per impressionarne una da 12 pose (infatti adopero il medio formato) posso metterci anche una settimana! Il mio modo di fotografare è diventato molto più meditato e dal prossimo anno credo che passerò al grande formato, con le macchine folding, quelle grandi con il telo nero.
Parliamo dell’importanza della luce.
E’ fondamentale, tuttavia le moderne pellicole consentono di scattare anche in condizioni di illuminazione molto scarsa, poi di nuovo entrano in gioco le conoscenze tecniche del fotografo per sopperire alla carenza di luce. Ho fatto anche foto a lume di candela ma non uso mai la luce artificiale.
Quindi le tue non sono foto costruite.
No, infatti.
E non pensi che potrebbe essere divertente realizzare anche questo tipo di immagini?
Forse tra 10 anni mi dedicherò alla composizione, ma oggi mi attrae moltissimo la realtà che mi circonda, osservarla. La mia ultima ricerca, quella sui sassi, pubblicata in Ischiacity, ritrae elementi e situazioni che esistono in natura, io non ho composto niente.
Fotografando i sassi hai voluto fare delle nature morte o dare vita a cose inanimate?
Innanzitutto mi attrae moltissimo l’armonia delle forme che ci concede la natura. Oggi è sempre più difficile ritrarre l’isola, ovunque ci sono brutture e disarmonie. Prima riuscivo a trovare anche nell’opera dell’uomo, ad esempio negli abitati dei pescatori, armonia ed un senso, oggi osservando quello che sta intorno a me nella vita di tutti giorni non mi accade più, mentre ritrovo questo senso nella natura, nei sassi per esempio.
Una persona che come te ama Ischia, in quali luoghi può ancora trovarvi l’armonia?
Oggi mi immergerei in luoghi come la Falanga o i Pizzi Bianchi a Buonopane, andrei alla ricerca di posti che la mano dell’uomo ‘moderno’ ancora non ha toccato. Ciò che ha visto l’intervento umano fino a 50-60 anni fa, ha una sua armonia, un suo significato, penso per esempio alla cosiddetta architettura spontanea. Invece oggi non si riesce più a realizzare opere in sintonia con il contesto urbano e paesaggistico in cui vengono poste: pensa, per esempio, al riassetto di piazzale Trieste, quel porticato che si sta realizzando è un grave errore e casi così ce ne sono tanti. Ho un mio scatto del platano con la fuga delle colonne della chiesa di Portosalvo che a questo punto diverrà una foto storica, come quella che feci al porto di Forio prima che vi impiantassero i pontili di Italia ’90, che hanno rovinato una scenografia spettacolare. Per queste ragioni, all’isola dell’uomo preferisco quella della natura quando voglio fotografare.