Thursday, May 2, 2024

25/2008

Photo: Nello Schiano
Text: Giorgio Balestriere

 

Sulla scia delle polemiche – e degli scontri – che suscitò il capolavoro di Géricault, “La zattera della Medusa”, e dei ‘facili’ consensi con cui furono accolte le opere di Aivazoffsky, Gudin e Faernley, le anomalie ‘naturali’ – fra cui le mareggiate – divennero una moda e parecchi furono gli artisti che cercarono d’interpretarle. Tra questi si distinse particolarmente Salvatore Fergola, autore di due opere “ischitane” qui esposte: “Lacco Ameno con mare in burrasca” (foto 4) e “Veduta del Castello con mare in burrasca” eseguite rispettivamente nel 1842 e nel 1852. In effetti, esse non si discostano dalla raffigurazione oleografica e narrativa delle opere di Gudin e quindi sono ben lontane dal drammatico realismo del quadro di Géricault. In questi due quadri Fergola, come d’altronde nell’acquerello datato 1823 “Villanelle alla Chiaia di Forio d’Ischia” (foto 1), non va oltre il pittoresco e la tradizione accademica. Anche le opere di Francesco Mancini (“I lavori di apertura del Porto d’Ischia”), Ercole Gigante (“Casolari alle falde dell’Epomeo”), Gabriele Smargiassi (“Notturno ad Ischia”, foto 2), Alessandro La Volpe (“Ischia al tramonto”) e Achille Carrillo (“Veduta d’Ischia con il Castello”), si ricollegano alla tradizione accademica.
Ma non ingannino le appartenenze alle consuetudini del mestiere pittorico: lo stile di queste opere non è pittura neoclassica. In realtà questi artisti tentavano di recuperare una maggiore chiarezza espressiva, per cui il loro stile confluì verso un certo eclettismo, in linea con il gusto artistico della colta borghesia di allora. Tra questi si impose soprattutto Gabriele Smargiassi, poi trascurato dalla critica modernista del Novecento e quindi quasi dimenticato. Egli è stato infatti tra i pochi del suo tempo ad ottenere i più alti riconoscimenti accademici: tra l’altro fu antagonista di Giacinto Gigante. A riguardo è rimasta famosa la ‘querelle’ tra i due artisti – ‘querelle’ che ha salvato Smargiassi dal totale oblio – “Non dire a Don Giacinto (Gigante) che stanotte è morto il pino {…} Le malelingue dissero che Don Gabriele (Smargiassi) ce l’aveva ‘jettata’ “. Ma è soprattutto dal punto di vista artistico che Smargiassi può riacquistare prestigio e conquistare nuovi ammiratori, “Notturno ad Ischia” è infatti un’opera altamente poetica, il cui esito estetico è ben superiore a quelle del più noto ‘Cavalier Volare’, specializzato proprio in notturni.
Un taglio di gusto fotografico unito a straordinari effetti di luce caratterizzano le opere di Gonzalvo Carelli, “Casamicciola dalla Sentinella”, un dipinto datato 1844, e quelle di Salomon Corrodi, “Lacco Ameno da Monte Vico”, del 1859, “Baia di San Montano” (foto 8), non datato e “Spiaggia di Lacco Ameno”, del 1874 (Veduta di Monte Vico e dei Bagni di Santa Restituta a Lacco), tutte e tre eseguite ad acquerello. Questi incantevoli e soleggiati paesaggi di Carelli e Corrodi, dai toni intensi, penetranti e vibranti, si rivelano particolarmente avvincenti e ricchi di suggestioni poiché evocano un mondo appartato dove la natura regna sovrana e dimostrano una magistrale coerenza visiva.
Con la “Scuola di Resina” di Portici – e con i “Macchiaioli” toscani – si aprì un nuovo ciclo nella pittura di paesaggio, rinnovando così il panorama artistico italiano della seconda metà dell’Ottocento e il rapporto con la realtà naturale. Un saggio di straordinaria bravura nel rendere la natura imponente, unita alla vitalità cromatica – proprio come una sinfonia di luce e di colore – è possibile coglierlo nel dipinto di Marco De Gregorio, “Il Villaggio di Lacco Ameno” (foto di apertura), databile 1865-70, vero gioiello della mostra. In quest’opera, la realtà ancora rurale di Lacco Ameno è animata da un viavai di figure eterogenee; esse sono collocate secondo un preciso allineamento prospettico, il cui fine è di focalizzare i concreti episodi della vita quotidiana.
Tra i tanti meriti di questo quadro c’è anche quello di farci dimenticare che in questa mostra non compaiono opere di alcuni ‘monstres sacrés’ della pittura napoletana – Domenico Morelli, Giuseppe Mancinelli, Michele Cammarano, Antonio Mancini, Giuseppe De Nittis, Filippo Palizzi e Gioacchino Toma – certamente non per volontà degli organizzatori, ma perché non si conoscono loro opere che raffigurano l’isola d’Ischia.
Una sintesi, ancora più immediata, caratterizza le opere di Rubens Santoro, Antonino Leto, William J. Ferguson, Eduard Binyion, Pietro Scoppetta, Gaetano Mormile, Guido Casciaro; difatti alcuni di questi pittori, sulla scia degli impressionisti francesi, cercarono di elaborare una nuova teoria della visione. Ne sono un esempio i due folgoranti dipinti di Santoro, “Sulla strada di Lacco Ameno” (foto 7), datato 1876, e “Lacco Ameno”; il brioso acquerello di Scoppetta, “Il borgo di Lacco” (foto 6); l’impetuoso dipinto di Casciaro, “Mare mosso a Ischia”, datato 1927; il suggestivo dipinto di Mormile, “Veduta di Ischia Porto dalla Villa dei Bagni” (foto 3), datato 1884, e quindi la strepitosa scena cromatica di Antonino Leto, “Lacco Ameno” (foto 5), olio su tela non datato. Mentre il dipinto di Binyion, “Ruderi sulla spiaggia di Lacco Ameno”, e l’acquerello di Ferguson, “Veduta di Casamicciola”, attestano l’intensità d’ispirazione che, ancora a fine Ottocento, offriva l’isola d’Ischia agli artisti stranieri.
Questa mostra sulla pittura “ischitana” dell’Ottocento, voluta da collezionisti privati che considerano il possesso di opere d’arte come qualcosa da condividere, è segno di una forte passione civile ed è nata con l’intento di invogliare turisti ed isolani ad avvicinarsi all’arte. (FINE SECONDA PARTE, LA PRIMA E’ STATA PUBBLICATA NEL NUMERO 24 DI ISCHIACITY)