Friday, April 19, 2024

DARIO FRANCESCHINI: LA CULTURA E’ IL FUTURO DEL NOSTRO PAESE

DARIO FRANCESCHINI: LA CULTURA E’ IL FUTURO DEL NOSTRO PAESE

Fra i fondatori del PD, Dario Franceschini dal 2014 è ministro dei Beni Artistici, Culturali e del Turismo – prima con il governo Renzi, è stato riconfermato con l’arrivo a palazzo Chigi di Paolo Gentiloni. Sicuramente, il suo è un ambito che negli ultimi anni si trova spesso al centro dell’attenzione, perché si tratta di un settore delicato, di un’inestimabile ricchezza del Paese che spesso, però, si ha l’impressione sfugga al controllo di chi è delegato a preservarla e gestirla, e perché è stato oggetto di una articolata riforma energicamente voluta proprio da Franceschini, “con l’obiettivo di scommettere sulla cultura come chiave per costruire il futuro” come ha dichiarato egli stesso tirando le somme dei suoi primi tre anni al MIBACT. Durante i quali il bilancio della cultura è tornato sopra i 2 miliardi di euro, si è reso permanente l’Art Bonus, grazie al quale oltre 4250 mecenati hanno donato quasi 158 milioni di euro per circa 1150 interventi; e poi c’è la rivoluzione museale con l’istituzione di 30 musei autonomi dal punto di vista contabile, amministrativo e organizzativo, guidati da direttori selezionati con bandi internazionali. Si continua con le leggi che hanno reso i musei e i luoghi della cultura servizi pubblici essenziali e unificato le soprintendenze (dei beni archeologici, monumentali e paesaggistici) che prima erano distinte, consentendo un più agevole rapporto fra l’istituzione e i cittadini che ad essa devono rapportarsi; è stato promosso, inoltre, un bando per assumere 500 professionisti. Alle nuove disposizioni si deve anche la possibilità di fotografare liberamente le opere, l’ideazione di iniziative come la capitale italiana della cultura, successi come le domeniche gratuite ai musei e il record assoluto di ingressi nei musei statali del 2016, con un aumento degli incassi nell’ultimo triennio pari a 47 milioni di euro. Proponiamo ai lettori di Ischiacity l’intervista che il ministro Franceschini ha rilasciato a Fabio Fazio nella puntata del talkshow Che tempo che fa del 26 marzo 2017, per raccontare alcuni punti della sua riforma.

 

L’Italia possiede un patrimonio culturale così ingente che spesso non siamo in grado di valorizzarlo come si dovrebbe.

Nel mondo, quando si pensa all’Italia, si pensa a bellezza, arte, creatività. Ma abbiamo alle spalle anni in cui la politica nazionale, colpevolmente, non ha investito in cultura, anzi ha tagliato nel settore cultura. Indipendentemente dal colore dei governi. Dal 2007 al 2013 è stato dimezzato il bilancio del mio Ministero. Noi abbiamo bloccato questi tagli e lo scorso anno il bilancio è cresciuto del 37%. Tenga conto che ho trovato un capitolo di spesa per la manutenzione e il restauro del patrimonio vincolato – monumenti, chiese, ecc. – di 36 milioni di euro, in pratica quanto serve per risistemare il tetto di un’abbazia di campagna. Adesso abbiamo due miliardi di risorse già stanziate fra fondi europei e italiani, e cantieri che stanno partendo. Insomma, c’è un’inversione di tendenza. Bisogna comprendere che questa è la caratteristica che rende forte e competitiva l’Italia, e nel mondo globalizzato ogni paese deve investire su quello che ha di più forte.

Ma perché è così difficile comprenderlo? E’ una cosa talmente evidente!

Ha ragione. Nel mio percorso politico-parlamentare ho fatto altre cose. Ho chiesto di diventare ministro della Cultura tre anni fa, anche se nelle gerarchie teoriche c’erano ministeri più importanti, proprio perché ho sempre fatto fatica a rispondere a questa domanda. Comunque mi pare che quella fase di incomprensione sia superata, lo dimostra il fatto che per esempio la legge sul cinema e l’art bonus hanno avuto una condivisione più ampia della sola maggioranza. Naturalmente, c’è molto da fare, considerando che agire bene in questo ambito non si traduce soltanto in un modo per attrarre turismo culturale – e parliamo di ricchezza, di milioni di persone. E’ anche uno strumento per far crescere la nostra comunità. Nel 2013 i musei statali, che sono circa il 10% dei musei nazionali, hanno avuto 48 milioni di visitatori, adesso sono 55 milioni e mezzo, sette milioni e mezzo in più. Questo dato significa che non solo i turisti sono entrati nei musei: soprattutto grazie a iniziative come l’ingresso libero nella prima domenica del mese i nostri luoghi di cultura sono stati frequentati anche dai cittadini italiani, e questo è un fattore di crescita culturale. Se pensa che grazie all’articolo 9 della Costituzione, di cui dobbiamo essere orgogliosi, fra i principi fondamentali che regolano la vita del Paese c’è la tutela del paesaggio e del patrimonio artistico e la promozione dello sviluppo della cultura, investendo in questo ambito contemporaneamente si adempie a un dovere costituzionale e si fa aumentare la ricchezza del Paese.

Spesso si misura la cultura in termini di visitatori, di biglietti venduti. In realtà, l’aspirazione è che la cultura sia qualcosa di alternativo al mercato, indipendente, qualcosa di cui siamo fatti, che diventi parte di noi. Come riesce a conciliare questi due aspetti che, immagino, abbia ben presenti?

La cultura è assolutamente una cosa diversa dal mercato, ma ciò non vuol dire che non possano stare insieme tutela del patrimonio e valorizzazione. Tutti poniamo ad esempio di buona gestione il Louvre, anche con una sorta di complesso di inferiorità molto sbagliato, ebbene il Louvre ha collezioni straordinarie, fa ricerca, formazione, educazione ma anche marketing. Non si vergogna a guadagnare dai gadgets e dai bookshop, perché quelle risorse servono a fare una buona tutela. Non si vergogna di guadagnare dai biglietti perché con quegli introiti restaura i quadri e mantiene il museo. Dimostrando così che le due cose possono, e anzi devono, procedere insieme.

A fine marzo si è tenuto a Firenze il primo, storico G7 della cultura, voluto da lei.

Il G7 dei capi di governo è sempre preceduto da incontri tematici, dedicati per esempio all’energia, alla sicurezza, all’ambiente, ma nessuno aveva mai pensato al G7 Cultura. Poiché l’Italia ha una leadership nel settore del patrimonio artistico e culturale, abbiamo ritenuto di dover essere noi gli organizzatori: per due giorni ci sono stati tanti incontri, fra cui un dibattito fra sette intellettuali, uno per paese, il tema è stato la cultura come strumento di dialogo, inserendoci in quel filone aperto da Expo, quando nel luglio 2015 invitammo a Milano i ministri di 83 paesi di tutto il mondo per parlare appunto della cultura come strumento di dialogo. Fu una giornata emozionante e in quell’occasione Umberto Eco, che dopo poco è morto, disse una cosa bellissima: “Voi siete portatori di conoscenza e quasi tutte le guerre del passato, quasi tutti gli odi fra le persone, gli odi del presente e le paure derivano dalla mancanza di conoscenza reciproca. Aiutate la conoscenza e sarà il migliore antidoto per prevenire il timore della diversità e della paura”.

 

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