Friday, May 3, 2024

29/2011

Photo: Enzo Rando
Text: Romina Di Costanzo

 

Nella vecchia cantina di famiglia batte il cuore della azienda familiare Ischia Salumi di Giuseppe Di Costanzo, a Buonopane, caratteristico borgo antico nel comune di Barano. L’intenzione di Giuseppe era di riproporre l’arte della produzione artigianale dei salumi, e così, quella vecchia pietra scavata, utilizzata quasi cent’anni fa per la conservazioni di alimenti vari, è stata resa operativa a tutti gli effetti e in questa cella naturale mi hanno condotto quando ho voluto curiosare dietro le quinte di quella che potrebbe sembrare a prima vista una normalissima macelleria. Mi fanno ‘da cicerone’ anche i suoi figli Raffaele e Francesco che sembrano, nonostante la loro giovane età, aver preso in mano le redini di un’attività che si alimenta di un passato che non hanno mai vissuto, ma che sperimentano attraverso i racconti del padre. All’interno della cantina, i salumi preparati e confezionati con le carni ancora crude in una rete di corda, trascorrono i loro primi otto giorni, in seguito verranno affumicati. I fumi sprigionati dalla combustione dei “penicielli” (ramoscelli di vite, faggio, castagno e foglie di alloro) profumano le carni e completano l’aromatizzazione dei salumi iniziata durante l’impasto, quando vengono mischiati insieme al composto vari tipi di pepe e vino bianco della zona. Per evitare che i salumi subiscano alterazioni della temperatura, ai piedi della parete è stata praticata un’apertura dalla quale passa il combustibile costantemente; in un angolo, accanto alla parete annerita negli anni, si nota una grossa casseruola di rame dove viene fatta riscaldare dell’acqua, utile a ricreare, nei giorni in cui manca, l’umidità fondamentale per non accelerare il processo di “asciugatura” dei composti appesi, rendendoli troppo secchi. Trascorsa questa prima settimana, i giovani salumi vengono trasferiti in una stanza dove, se la temperatura naturale è favorevole, completano la stagionatura nei tempi previsti, e sono pronti per essere venduti e soprattutto per essere gustati. Naturalmente, non tutti i prodotti hanno lo stesso tempo di stagionatura, che dipende dalla quantità di grasso presente al loro interno, dal taglio di carne utilizzato, ma anche dalle dimensioni che se maggiori richiedono più tempo. E’ importante che soppressate, salsicce, prosciutti ischitani rispettino il tempo di stagionatura, inoltre un salume locale doc deve essere rigorosamente affumicato: la qualità di questi prodotti è garantita dal fatto che se ne preparano in numero limitato per cui il “maestro salumaio” può seguire ogni pezzo dal principio alla fine. Tra i silenzi e i rimandi ai segreti della vecchia ricetta, Giuseppe sottolinea come quest’ultima ricalchi quella di suo padre e mi svela il racconto dei giorni in cui si uccideva il maiale e la festa alla quale quest’evento dava vita. Lui, ancora bambino, scrutava con leggera soddisfazione la preparazione che precedeva il colpo che tutti aspettavano, lo sgozzamento avveniva con un’incisione ad arte sotto la gola dell’animale, gli uomini lo tenevano dai lati e, in fondo, la povera bestia sapeva dal principio che quel giorno sarebbe stato quello del proprio sacrificio. Tutto iniziava prima del sorgere del sole, alle quattro del mattino si irrompeva nella porcilaia da dove l’animale veniva tratto e trasportato nel posto dove i suoi giorni sarebbero terminati. Leggendo le parole che Nino Caparossa in “Merecoppe Storie di miseria e di grazia nelle terre di Ischia” dedica a Malandrino, un maiale che era sfuggito, tra le urla e le risate di chi gli stava intorno, al colpo di grazia, sembra di rivivere il racconto del mio interlocutore. Il maiale in passato era segno di ricchezza, avere avuto la possibilità di acquistarne uno non era da tutti, visto l’elevato costo, ben centomila lire! Chi lo allevava si sentiva rassicurato in quanto rappresentava un’ ottima fonte di nutrimento per la propria famiglia. Non si buttava nulla, dalle zampe alle orecchie e persino le ossa venivano messe sotto sale e servivano ad insaporire fumanti piatti caldi come la pasta e fagioli o le minestre di verza. Ancora oggi, la moglie di Giuseppe Di Costanzo conserva le fettine di maiale sotto aceto dopo averle soffritte con olio e aglio e messe a marinare con peperoni e profumate con origano. Una vera prelibatezza per chi come loro se ne intende di carne.

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