Wednesday, May 1, 2024

 

Text_ Silvia Buchner  Photo_ Archivio Dry e ICity

E’ lui il miglior giovane pizzaiolo dell’anno secondo 50 TopPizza, a sua volta giovane ma ascoltata classifica dedicata al settore più dinamico dell’arte bianca. Lorenzo Sirabella, 26 anni, gli ultimi sei trascorsi a imparare e a lavorare fra banchi di marmo e pale per il forno. E dire che a lui interessava dedicarsi alla cucina e alla pizzeria ci è arrivato quasi per caso, grazie a un corso di formazione dedicato a panificazione e pizzeria romana promosso dalla fondazione Il Faro. “Ottimo, spiega, mi ha dato le basi, con tecniche diverse da quella napoletana, aprendomi la mente”. Da lì, dopo un breve periodo a Ischia, isola da cui proviene la sua famiglia, dal Califfo (“ho approcciato il forno a legna, molto difficile perché rispetto a quello elettrico è un lavoro artigianale, si deve gestire pezzature e qualità del legno per capire quale serve per alzare il cornicione, mantenere la temperatura, ecc., l’esperienza è fondamentale, devi sbagliare tante pizze prima di imparare”), la grande occasione, entrare nello staff del Maestro dei maestri Enzo Coccia. Tutte le mattine corso teorico e pratico, su come si impasta, a mano e a macchina, la stesura, il forno; al pomeriggio lavoro sulle farciture, studio approfondito degli ingredienti, dai latticini ai pomodori. Quattro anni accanto a lui, passando attraverso tutti i ruoli, affiancandolo in centinaia di eventi, fino ad approdare alla gestione del reparto pizzeria di O Sfizio d’a notizia, il locale di Coccia dedicato a pizza fritta e bollicine: “Ci siamo anche divertiti molto, con lo Sfizio siamo stati fra i primi a proporre montanarine con topping che usano ingredienti diversi dai classici, per esempio salmone, stracciatella di bufala, bacon, lardo di Colonnata. E ho anche collaborato alla stesura del libro di Enzo dedicato alla pizza fritta”.

Con un curriculum così venir notati è quasi inevitabile e quando decide di essere pronto per nuovi progetti, è il Dry di Milano a interessarsi a lui: dopo Napoli siamo nella città più dinamica in tema di pizza e dintorni e il Dry, fra i soci fondatori lo chef Andrea Berton, è in vetta. Lorenzo prende infatti le redini della cucina del locale in via Solferino che in breve tempo è diventato un indiscusso punto di riferimento per il bere miscelato accostato alla pizza (al punto che ne è stato aperto un secondo in corso Vittorio Veneto): unico nel capoluogo lombardo ha ricevuto i 3 spicchi della guida Pizzerie d’Italia Gambero Rosso ed è fra i primi 50 nella classifica di Top Pizza. E se a Napoli la pizza è cultura plurisecolare, nella capitale del Nord i consensi alla versione classica ma anche a tutte le sue varianti crescono in modo esponenziale: “ho provato tanti locali in città, il livello è altissimo, i pizzaioli bravi sono molti, lo dicono le classifiche e la gente fa le file, qui come a Napoli e per Dry ho voluto una pizza che resti nella tradizione, ma aggiungendo una percentuale di biga che ai pizzaioli tradizionali fa storcere il naso…! Secondo me dà maggiore digeribilità, leggerezza, scioglievolezza”.

Quindi, 3 diversi impasti per diversi prodotti, pizza, focaccia, cubotti, focaccia aperta e toast a partire dal comune denominatore costituito dalla biga ma con differenti tempi di lievitazione e distinti blend di farine. Impiegano, infatti, farine di tipo 1, 0 e integrale, e non 00 (come nella napoletana classica), ottenendo un impasto profumato e saporito; la stesura, per la pizza, è a schiaffo, viene cotta in forno a legna per 60-90 secondi come la napoletana, il cornicione è vuoto, quindi leggero, ma non pronunciato. A leggere la carta è evidente che lo chef Sirabella ha portato tanto di Napoli nelle pizze del Dry, perché la pizza è un cibo inventato nel sud, con ingredienti del Sud: mozzarella, fiordilatte e latticini campani, pomodoro del piennolo, alici dalla Sicilia, olio pugliese, che aromatizza anche homemade. “Faccio tutto da me, ci tengo molto e dedico tanto tempo ai topping. Secondo me, il pizzaiolo contemporaneo deve cimentarsi anche in cucina: la cosa mi piace e sono particolarmente importanti, quindi, gli incontri che periodicamente abbiamo con lo chef Berton per discutere e valutare il lavoro che facciamo noi pizzaioli”. Naturalmente, c’è anche spazio per le contaminazioni, inserendo con equilibrio formaggi, salumi, preparazioni tipiche di altre località, ma il filo rosso costituito dai prodotti, e dal gusto, italiani e in particolare mediterranei è evidente. Il risultato sono piatti divertenti, informali, molto curati, che si possono declinare in tanti modi, dall’aperitivo all’aftermidnight, perfetti per una città viva come Milano, e che riescono con successo ad accostarsi alle creazioni, innovative a loro volta, del bar manager Federico Volpe: insomma, un’alchimia veramente ben riuscita!

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