Thursday, May 2, 2024

Photo: Archivio Giovanni Sasso
Text: Lucia Elena Vuoso

 

Polvere e sudore. Due sedicenni in vespa tornano dall’allenamento di calcetto. La strada è quella che da Casamicciola porta a Lacco Ameno. Una Fiat Uno arriva a gran velocità dalla corsia opposta. E’ un attimo e i ragazzi sono a terra. Uno dei due, Gianni, cerca subito di rialzarsi. Polvere. Non ci riesce. Poi il dolore, il sangue e la gamba a 20 metri di distanza da lui, tranciata di netto. Sudore, sudore freddo. “Non potrò più giocare a calcio” – l’ultimo assurdo pensiero prima di svenire. Polvere e sudore, ancora. Dopo 20 anni, Gianni è di nuovo in strada. Ancora dolore, ancora sangue. “Ce l’ho fatta” – l’ultimo pensiero prima di alzare le mani al cielo ed urlare di gioia. E’ il 2 novembre 2008 e Giovanni ha appena battuto (migliorandolo di quasi un’ora) il record del mondo di maratona a New York, corsa con una sola gamba e l’ausilio di due stampelle: 42 chilometri in 5 ore e 5 minuti. Tutto il resto, dopo il taglio del traguardo, è storia. La maratona di Chicago nel 2009, in cui Giovanni ha battuto se stesso giungendo al termine della gara in 4 ore e 35 minuti e quella di Berlino, in cui è arrivato alla fine pur essendo caduto cinque volte a causa della pioggia incessante. E le motivazioni che hanno spinto il campione foriano nelle sue imprese, sono fuori dal comune quasi quanto i risultati che è riuscito ad ottenere, infatti il desiderio di partecipare alla maratona newyorkese è nato solo 3 anni fa, da una semplice battuta tra amici. Gianni ha vinto grazie alla sua costanza nel praticare sport, prima e dopo l’incidente. Gianni ha vinto perché si è sempre sentito e comportato da persona normale. E la voglia di normalità, a volte, porta a fare cose stra-ordinarie. Da quella sera in cui ha perso la gamba sinistra Giovanni ha continuato a vivere la sua vita: da diciottenne ha fatto dei lavoretti estivi come barman e bagnino e spesso aiutava gli amici zappando il terreno. La cosa più brutta però, è stata modificare il suo ruolo come giocatore di calcetto. Da centrocampista ha iniziato a giocare in porta, mantenendosi in equilibrio su una gamba. Era molto bravo, si lanciava ovunque andasse a finire il pallone e, quasi sempre, lo parava, ma stare in porta era noioso, non era il suo ruolo e cercò di capire come potesse riuscire a tornare al centro del campo, fino a quando ebbe l’idea di giocare con le stampelle. Poiché per farlo è necessario sforzare non solo la gamba, ma anche le braccia e le spalle, si è allenato con determinazione. Dribbling, colpi di testa, rovesciate, tutto insieme alle stampelle: da solo ha capito la tecnica da utilizzare e servendosi della velocità e dello slancio dati dall’unica gamba e dalla spinta delle spalle, cominciò a fare la preparazione atletica con tutte le squadre di Forio e a giocare i tornei col suo team. Poi, gli fu affidato un ruolo da dirigente all’interno dell’equipe e per un semestre smise di allenarsi con costanza, finché un giorno, deciso a rimettersi in forma, cominciò a correre in strada. La preparazione per la maratona, però, è ben altra cosa rispetto allo jogging. “Ho dovuto abituare ogni muscolo del mio corpo a nuovi ritmi, ho corso per 30 chilometri al giorno e avevo calli dolorosissimi al piede e vesciche sanguinanti alle mani”. Lo stesso esercizio quotidiano è stato seguito per le altre due maratone, anche se la preparazione per quella di Berlino è stata più dura: “Solo 9 mesi prima, infatti, avevo fratturato tibia e perone in un incidente, mi ero sottoposto ad un intervento chirurgico e avevo un perno nella caviglia”. I mesi passati a riabilitare la gamba, in sedia a rotelle, sono stati i più duri per Gianni poiché, per la prima volta, è dovuto dipendere da altre persone per riuscire a superare le barriere architettoniche presenti sull’isola e sui mezzi di comunicazione marittimi. Ma anche quel momento è passato e Gianni ha compiuto altre insolite imprese, come salire sulla Statua della Libertà e scalare il Machu Picchu. E per il futuro ha nuovi obiettivi: partecipare alle prossime Paralimpiadi di Londra nel 2012 come ciclista e impegnarsi nel sociale come maratoneta e in spot pubblicitari: “Se prima non volevo apparire e mi dava fastidio mettermi in mostra, dopo gli ultimi successi ho capito di avere aiutato altre persone nella mia stessa condizione, ho ridato loro la speranza di andare avanti e la forza di non sentirsi diversi rispetto agli altri”. E ora che ha 40 anni, vuole dare anche una svolta alla sua professione di commerciante e alla sua vita, cambiando attività e mettendo su famiglia. E ora che ha 40 anni Giovanni Sasso può davvero considerarsi un vincitore, poiché non ha mai abbandonato i propri sogni, ma li ha semplicemente riadattati alla sua diversa condizione.