Sunday, October 20, 2024
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Chiediamo scusa a Suor Edda per aver deciso di pubblicare questo suo ritratto, che nasce da un incontro che ebbe lo scorso anno con la redattrice di Ischiacity: il desiderio di non apparire se non attraverso la sua opera instancabile (e la sua ritrosia a farsi fo- tografare) l’aveva indotta, infatti, a non dare l’autorizzazione finale alla stampa. Tuttavia, ci è parso necessario ricordare a tutti chi sia questa donna forte e generosa e cosa faccia da tutta la vita, dopo che il suo nome (e la sua opera) sono finiti in mezzo ad una “bufera mediatica” pretestuosa. Qualche mese fa, infatti, sulla porta dell’asilo di Casamicciola Terme da lei diretto, è stato affisso un comunicato in cui si annunciava la chiusura della scuola per un giorno, in quanto era prevista la visita di un gruppo di disabili gravi, la cui presenza, secondo quanto si leggeva sul cartello, poteva “impressionare” i bambini. Ora se, senza dubbio, i termini utilizzati per comunicare la chiusura della struttura erano sbagliati, è altrettanto vero che Suor Edda – come ogni buon capo – se ne è caricata addosso tutte le responsabilità e ha fronteggiato le polemiche senza tirarsi indietro. E, d’altra parte, la sua attività da sempre svolta in prima linea per aiutare e sostenere le esistenze più travagliate, alleviandone per quanto possibile le sofferenze, dice più di infinite parole.

Amore incondizionato. Dare e darsi. Fare del bene, per tanti, per tutti, e non esserne mai appagati. Mettere al primo posto gli altri, i bisognosi, i poveri, gli abbandonati, gli orfani. Essere in prima linea per sostenere battaglie, contro burocrazia e istituzioni, per proteggere i deboli, per dare loro un posto, una voce, una nuova vita.
Angela, ha solo 8 anni nel 1949, ed ha già ben chiaro quale sarà il proprio destino: aiutare i bambini. E comincia fin da giovanissima a darsi da fare, distribuendo la propria merenda ai compagni di classe meno fortunati di lei, chiedendo perfino ai genitori di prepararle una doppia porzione, per cercare, in tempo di miseria, di saziare più persone possibile, privandosene addirittura. Modeste imprese portate avanti col cuore, per intuire i ringrazia- menti in un semplice sguardo, per sentirsi soddisfatta con un piccolo gesto. E a soli 8 anni quella bambina così piccola, con la maturità e la lucidità che molti adulti non posseggono, capisce che per fare ciò che la rende felice deve lasciare i genitori e i suoi quattro fratelli ed entrare in convento. Una
vocazione arrivata ancora prima, quando, a quattro anni, aveva portato, du- rante il corteo funebre, la coltre del Canonico Antonio Migliaccio, fondatore dell’ordine delle Discepole di Santa Teresa del Bambin Gesù a Qualiano, in provincia di Napoli, paese di cui è originaria. Una chiamata quella di Angela, frenata dalla mamma, che non la riteneva pronta a prendere una decisio-
ne che le avrebbe cambiato la vita in modo tanto radicale. Un’inclinazio- ne, invece, appoggiata immediata- mente dal papà, complice dell’inge- gnoso trucchetto per far firmare alla moglie, che non sapeva leggere, il consenso a prendere i voti: dirle che si trattava dell’autorizzazione per co- minciare a preparare il corredo. Una piccola “bugia bianca” che ha porta- to a grandi risultati.
A 16 anni Angela entra ufficialmente nell’Ordine e le viene assegnato, suo malgrado – lei aveva scelto di farsi chiamare Emerenziana, come una delle prime martiri cristiane – il nome di Edda. Un appellativo – “colei che combatte per la felicità” – che le ha impresso una missione.
E la sua lotta comincia proprio pres- so la Casa Madre di Qualiano, in cui sono accolti e ospitati bambini poveri
e con gravi disagi familiari, prelevati dagli assistenti sociali in tutta Italia, figli di carcerati, tossicodipendenti, di persone violente o semplicemente non in grado di fare i genitori, bambini abbandonati a se stessi, molte volte sporchi, mal nutriti, traumatizzati da abusi, testimoni di crudeltà. Tutti hanno sapu- to trovare in suor Edda la figura che loro è più mancata: una confidente, un’amica, una sorella, una mamma.
Direttrice dell’istituto di Qualiano dal 1978, nel 1996 viene inviata ad Ischia, ad amministrare la sezione isolana delle Discepole di Santa Teresa. La sede ufficiale – costruita e gestita dal Pio Monte della Misericordia di Napoli e utilizzata dopo il terremoto del 1883 per ospitare bambini in difficoltà – e ormai in disuso e i piccoli bisognosi sono costretti a stabilirsi presso l’al- bergo Italia a Casamicciola, cui l’ente benefico partenopeo pagava un fitto mensile. Una costruzione, a sua vol- ta, fatiscente e umida, con poca luce e poco spazio per giocare, un luogo non adatto a dei bambini.
E suor Edda, fattasi forza da sé, chie-
sto coraggio alla Madonna, acquisita speranza attraverso gli occhi fiduciosi dei suoi tanti figli, desiderosi di sentire il calore di una vera famiglia e di tornare a sorridere, ha cominciato una lunga trafila burocratica, fatta di pratiche, richieste, solleciti “e qualche volta sono stata anche maleducata” – dice sorridendo – per restaurare e ripristinare l’edificio originario dedicato alla cura dei bimbi sfortunati. Una disputa dura- ta quattro anni, lunghissimi e pieni di sacrifici, per riuscire a vivere al meglio nella costruzione alberghiera e per non arrendersi ai no, per trovare la forza
di chiedere ancora nonostante le por- te in faccia, per non perdere la fede quando i lavori si interrompevano per mancanza di fondi o procedevano a rilento. Ma “colei che combatte per la felicità” ce l’ha fatta e, nel 2000, è stato inaugurato, con una grande festa che ha coinvolto tutta la comu- nità, l’Istituto Santa Maria della Prov- videnza.
Il convitto, attualmente, è una vera e propria oasi di paradiso: pulito, ordi- nato e gestito alla perfezione dalle sei sorelle, ha spazi grandissimi dedicati al gioco e funziona non solo come Comunità Educativa a dimensione familiare, accogliendo e dando ospitalità fissa a dodici ragazzi, ma offre ai genitori, che non hanno possibilità economiche elevate, la scuola di prima infanzia e la scuola elementare a costi minimi per i propri figli, nonché l’asilo nido, effettuando anche servizio mensa e doposcuola. “Prima di accogliere un nuovo alunno – dice suor Edda – verifichiamo che la famiglia non possa pagare la retta, anche se, il solo fatto che vengano a chiederci di accogliere i propri figli gratuitamente, o versando una quota minima, è indice di una reale crisi finanziaria domestica. Molto spesso genitori che avevano biso- gno di lavorare mi hanno affidato anche neonati, addirittura ho avuto tra le braccia una bimba di pochi giorni e l’ho curata e amata, cercando di non farle mancare niente. Noi siamo nella Casa della Provvidenza e dobbiamo provvedere per tutti”.
Ma è per gli ospiti della Casa Famiglia che Suor Edda cerca di darsi al massi- mo, per permettere loro di trovare la propria dimensione e la serenità inte- riore. Dal più piccolo di tre anni, al più grande di ventitré, tutti sono aiutati e consigliati al meglio. Ognuno ha il proprio spazio, la propria stanzetta, la scrivania e grandi cortili comuni: la cucina, dove un’assistente sociale pre- para il pranzo, il salotto dove intrattenersi al PC o guardando la TV, il chio- stro esterno, per giocare a pallone d’estate. Ognuno la mattina va a scuola, sempre a testa alta, senza sentirsi mai inferiore agli altri. Spesso i ragazzi più grandi invitano amici a pranzo o a fare i compiti, proprio come in tutte le normali famiglie, e tre volte alla settimana c’è chi fa danza, chi frequenta la palestra o la piscina e chi lezioni di canto. Spesso, d’estate, suor Edda dà loro una mano a trovare un lavoretto, per responsabilizzarli e aiutarli a co- struirsi un futuro: “per ognuno apro un conto corrente in banca – dice – e permetto loro solo di depositare. Quando ai miei bimbi serve qualcosa gliela regaliamo noi sorelle nelle occasioni particolari: la felpa firmata a Natale, il cellulare al compleanno, o il computer portatile per la promozione a scuola. Cerchiamo davvero di non far mancare loro niente.” Spesso, dopo l’esame di maturità, molti sono ritornati nel proprio paese d’origine, hanno trovato lavoro, si sono sposati e costruiti una famiglia propria, riuscendo, davvero, a realizzarsi nella vita, nonostante i traumi subiti da piccoli. Tutti successi per suor Edda, che ogni tanto vede tornare a trovarla ragazze diventate adulte,
che lei ha aiutato in passato, con le loro figlie e nipoti, che non di rado si chiamano Edda, in segno di ricono- scimento ed affetto, come si farebbe con una nonna.
Mai un attimo di sconforto, mai la te- sta bassa seppur tanto umile, mai un giorno perso. Gestire la casa famiglia, organizzare raccolte di beneficenza, chiedere fondi, studiare, aggiornarsi, sempre per loro, sempre per gli altri. E, anche se, soprattutto in tempo di crisi, non è facile far quadrare il bilan- cio, poiché il Comune di Casamicciola dà solo un piccolo contributo per i ragazzi ospitati ufficialmente e il Pio
Monte della Misericordia elargisce un modesto sussidio mensile, che serve a coprire appena le spese indispensabili per mandare avanti la struttura, suor Edda cerca di aiutare sempre e comunque, accogliendo tutti coloro che le chiedono asilo.
Da qualche mese suor Edda, poco dopo aver compiuto il settantesimo anno d’età, ha conseguito la laurea triennale in Scienze Dell’Educazione (requisito divenuto fondamentale per gestire una struttura del genere dopo l’entrata in vigore di nuove leggi, nonostante i numerosi attestati di educatrice in suo possesso), nel tempo record di un anno. Eppure Suor Edda non è mai soddi- sfatta e prega e si attiva costantemente per riuscire a dare sempre il meglio di sé, senza guardare mai ai risultati raggiunti e ai tanti bambini resi felici ma al lavoro che ancora c’è da fare e a tutti gli sfortunati che hanno bisogno di trovare una mano tesa pronta ad infondergli speranza, ma soprattutto una concreta vita migliore. Ed ancora ora ha lo stesso sorriso della ragazzina di otto anni che distribuiva colazioni agli amici, un sorriso che si confonde in mezzo ai sorrisi dei suoi tanti bimbi.

 

text_Lucia Elena Vuoso